Anno Sociale 2005-2006

Incontro del 10.10.2005

“Introduzione alla Santa Regola”

di L. Vaccaro

L’incontro si è aperto con la presentazione, da parte del padre assistente, Padre Giovanni Sposato, della rivista “Charitas Giornale di San Francesco di Paola”. Successivamente, la delegata alla formazione, Rita Vincenti, ha esposto una sintesi dell’articolo contenuto nella rivista, scritto da Padre Giuseppe Fiorini Morosini, Correttore generale dell’ordine dei Minimi, riguardante il “nostro essere terziari”. Lei ha condiviso con noi confratelli una sua personale riflessione e attraverso alcune domande ci ha invitato a ripercorrere la nostra “vocazione di terziari” e di riflettere sul nostro rapporto con la Regola. Si è aperta un’intensa ed animata discussione. E’ emerso, infatti, come l’essere terziario, sia una “vocazione”, la chiamata di san Francesco di Paola a vivere secondo la verità evangelica e ad aprirsi agli altri con cuore puro e sincero. Alcuni terziari adulti, hanno raccontato la loro esperienza, sottolineando come il loro ingresso nella comunità del TOM, sia avvenuto soprattutto per “devozionismo*” o per aver ricevuto un esempio in famiglia o in parrocchia, maturando successivamente la consapevolezza e la coscienza di essere terziari minimi. E’ stata inoltre, ribadita, l’importanza e nello stesso tempo la difficoltà del rispetto della Regola. Grazie ad alcune testimonianze, si è potuto riflettere sulla difficoltà di vivere secondo la Regola in un “mondo senza regole”, una società che ogni giorno promuove una vita “senza Cristo”, proponendo modelli alternativi e valori contrapposti a quelli cristiani.Si è discusso con grande partecipazione sull’argomento, arrivando però alla conclusione che è necessario che ognuno di noi, in quanto “cristiano”, debba in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza: testimoniare Cristo, vero fondamento di tutto. Presa coscienza delle difficoltà, ogni terziario dovrà ricordare all’umanità che è Cristo il centro della nostra vita e sul Vangelo è necessario impostare le scelte quotidiane. Il compito della fraternità è quello di testimoniare il messaggio evangelico, l’amore che Dio ha per ogni suo figlio. Spesso, però, l’affanno quotidiano ci distoglie dal “vero” della vita e ci soffermiamo sulle cose “urgenti” ma non “importanti”. Noi terziari, scegliendo di far parte della famiglia del TOM, non dobbiamo e non possiamo spegnere la nostra vocazione ma continuando a crescere alla Scuola di san Francesco di Paola, dobbiamo diventare “lievito nella massa”, per trascinare gli altri sulla strada di Cristo. E’ inoltre emerso che noi terziari minimi abbiamo come prima Regola, il rispetto reciproco per poter essere da esempio agli altri che ci osservano e che spesso pretendono da noi “quel qualcosa in più”. “L’uno compatisca con amore i difetti dell’altro”. Dobbiamo continuamente interrogarci sulla nostra vocazione affinché la nostra esistenza sia la testimonianza della “chiamata” che ci ha portato a diventare terziari. Il nostro agire quotidiano, deve essere guidato, ispirato dalla regola e naturalmente dal Vangelo. La perseveranza nel rispettare la Regola e l’osservanza dei comandamenti, sarà il primo strumento di testimonianza. Concludendo, la Signora Vincenti, ci ha ricordato che dobbiamo vivere la “carità operosa” tra di noi e verso gli altri. Con la preghiera conclusiva si è concluso l’incontro.

Incontro del 17.10.2005

“La Regola del T.O.M.”

di C. Cerra

Con la recita dei vespri si è aperta la riunione. La delegata alla formazione, Rita Vincenti, dopo aver dato lettura del paragrafo 1 del Capitolo Primo della Regola del Terz’Ordine dei Minimi ha invitato i confratelli presenti a riflettere, concentrando l’attenzione principalmente sui termini “fedeli” e “fedelmente”, entrambi riconducibili ad una parola ancora più grande: “fede”.

La discussione si è quindi concentrate quasi interamente sulla definizione che ciascuno dei presenti attribuisce al termine “fede” e su come ciascuno viva la propria. Sono emersi diversi pareri, innanzitutto, per quanto riguarda il significato di “fede”, tutti sono stati concordi nel dire che fede equivale a “credere”, “avere fiducia”, “sperare”, “abbandonarsi e affidarsi a Dio”, ma nel contempo è sorta una domanda:

“Ne siamo capaci? La nostra è vera fede”?

Alcuni hanno affermato che la fede è spesso messa alla prova nei momenti difficili ed è proprio in questi che si cade poiché a causa dello scoraggiamento e dello smarrimento non si riesce ad andare oltre e spingere lo sguardo fino a Dio che dalla croce chiama tutti all’Amore.

L’esempio più grande ci arriva dalla Vergine Maria che ai piedi della Croce ha pianto il Figlio senza disperarsi.

Il nostro sguardo deve essere rivolto anche a Lei, senza mai dimenticare che Lei soprattutto, ha sofferto per Dio, mentre noi spesso non solo non accettiamo il dolore, ma diamo la colpa principalmente a Dio.

E’ necessario affidarsi a Dio per ricevere da Lui la forza e il coraggio di andare oltre senza mai fermarsi.

E’ emerso, ancora, che la fede oltre ad essere un rifugio nelle sofferenze è anche Gioia.

Riflettendo, inoltre sul comportamento di San Francesco di Paola, sul suo agire, sempre rivolto al Signore, fiducioso in Dio, è emerso che egli, Santo dell’Umiltà, ci insegna, attraverso la Regola che la strada che conduce al Signore comprende l’osservanza dei precetti e dei comandamenti.

E’ necessario tendere al Signore, camminando per questa strada che San Francesco ha percorso prima di noi. Dio ci guida attraverso San Francesco e la sua Regola.

Fede è professare con la vita il credo. I terziari, inoltre, hanno una grande responsabilità, ma soprattutto un gran dovere: quello di trasmettere la fede a chi non crede.

Il nostro deve essere un “testimoniare” l’Amore, dobbiamo, riassumendo in poche parole, vivere la fede attraverso la carità operosa, divenendo dono di Dio per l’altro. Il terziario è chiamato a vivere la carità, facendo tutto per carità e in carità al fine di essere “servo fedele”, “colui che ripone in Dio il proprio cuore”.

Con la preghiera conclusiva, alle ore 19.10, si è sciolta la riunione.

Incontro del 30.10.2005

“Lectio Divina: la parabola del pubblicano e del fariseo”

di C. Cerra

Con la recita dei vespri si è dato inizio al presente incontro. Padre Giovanni Sposato, assistente e Padre spirituale della locale fraternità, ha cominciato con l’introdurre il tema, da lui scelto, sul quale verteranno le riunioni da lui guidate.

Il tema sarà “l’Eucaristia”, ma ha affermato inoltre, che alcuni incontri verteranno sulla riflessione e meditazione della Parola di Dio.

Ha esortato nel contempo, tutti i terziari presenti a vivere nella gioia, sottolineando che spesso si trova dinanzi volti stanchi e tristi, ed è proprio nell’intento di cancellare la tristezza, che Padre Giovanni approfondirà insieme ai terziari non solo il tema dell’ “Eucaristia” ma anche brani del vangelo. Il presente incontro si è dunque concentrato sulla riflessione e meditazione della Parabola del Pubblicano e del Fariseo.

In tale brano del Vangelo, Gesù ci insegna il valore alto e profondo della preghiera attraverso il comportamento di due uomini diversi: il Pubblicano e il Fariseo.

Il primo, al tempo di Gesù, era un ladro, mentre il secondo era colui che pregava, ma una volta entrati nel Tempio, tutto si inverte. Il fariseo rimane ritto in piedi, non prega, ma giudica e il suo non è un dialogo con Dio bensì un monologo.

Il pubblicano, invece, non osa avvicinarsi, non alza gli occhi, si batte il petto, non si preoccupa del giudizio degli altri uomini, ma solo di quello di Dio. Dopo l’ascolto del brano, tutti sono rimasti in silenzio a meditare sulla parole di Gesù sempre attuali e sempre ricche di significato.

Dopo alcuni minuti è iniziata la discussione. Dalle varie riflessioni personali è emerso che Dio non ascolta la preghiera di chi, e in questo caso del Fariseo, giudica gli altri sentendosi migliore, poiché la presunzione della propria giustizia non salva nessuno.

La vera preghiera sgorga da un cuore pentito e umile.

Il fariseo rappresenta quella parte nascosta in ogni credente che esce allo scoperto tutte le volte che quest’ultimo offre a Dio i propri meriti, convinto di salvarsi. La maggior parte dei confratelli presenti ha affermato che la figura del fariseo crea problemi soprattutto oggi, perché essa rappresenta in parte il male della nostra epoca.

Infatti, assistiamo, sempre di più a situazioni in cui il misurarsi sull’altro, guardare chi sta male, fa credere che si è migliori, quando in realtà non è così. Spesso si cerca la mediocrità che è nell’altro per sentirsi meglio.

Il cammino verso l’autenticità, e in questo caso, il cammino del terziario, richiede un sapersi mettere sempre in discussione, non dimenticando che esiste il sacramento della riconciliazione attraverso il quale Dio, ci invita a riflettere sui nostri errori e a confessarli a chi sulla terra ha il potere di rimettere i peccati ottenendo così il perdono Divino.

Il terziario deve, come il pubblicano, possedere il Santo Timore di Dio per incamminarsi verso di Lui e soprattutto affinché la sua preghiera sia un profumo che sale a Dio.

Il terziario è chiamato, prima di tutto in quanto cristiano, a mettersi maggiormente in un atteggiamento di ascolto, un ascolto che riempie e non lascia spazio a parole inutili. La figura del pubblicano, ha infine, una grande importanza, poiché tale figura rispecchia il carisma che deve essere proprio del terziario minimo, rispecchia e mette in evidenza l’umiltà, il sentirsi piccoli e ultimi dinanzi a Dio.

Quindi, concludendo la discussione, tutti sono stati concordi col dire che bisogna rivedere la propria vita, cercando di vivere in Santa Umiltà, compiendo piccoli passi senza sentirsi grandi.

Con la preghiera conclusiva, è terminata alle ore 18.00, la presente riunione.

Incontro del 07.11.2005

“La Spiritualità Minima”

di C. Cerra

relazione di T. Gaetano (non disponibile)

Con la recita dei vespri si è dato inizio alla presente riunione. La terziaria, Tilde Curcio, ha dato lettura della relazione da lei preparata sulla “Spiritualità Minima”, esponendo i punti essenziali sui qauli si fonda “l’Essere Minimo” e quindi la spiritualità minima, che sono: la penitenza, la preghiera e la carità operosa.

La signora Curcio, ha ricordato ai confratelli presenti che nel momento in cui noi terziari abbiamo professato, abbiamo anche accettato di vivere secondo i suddetti punti e quindi abbiamo detto il nostro “sì” a Dio, promettendo di vivere con penitenza, in preghiera e in carità.

Nell’intento di riscoprire questi valori, la terziaria Tilde Curcio, ha deciso quindi di proporre come tema su cui riflettere nel presente incontro, la Spiritualità minima e gli aspetti più importanti ad essa connessi. Nella relazione, è messo in evidenza come vivere la regola oggi, sia difficoltoso e ancora di più lo è vivere il cosiddetto “distacco dal mondo” che San Francesco ci esorta a mettere in pratica.

Nella relazione viene, inoltre, evidenziato quanto importanti siano stati i passi compiuti per quanto riguarda la preghiera sia comunitaria che personale. Importanti, anche se compiuti nella massima umiltà, sono le pie opere messe in pratica dai catechisti e dai ministri straordinari, sempre appartenenti al Terz’Ordine dei Minimi.

Risulta, comunque, sempre difficile, mettere Dio al primo posto e vivere tutto il resto come un Suo Dono. Questo accade spesso quando si è investiti di un qualche potere o carica, sia all’interno della Fraternità che all’esterno. Da ciò ne consegue che bisogna maturare la consapevolezza che spesso manchiamo di umiltà, non riuscendo a vivere da fratelli.

Se apriamo il nostro cuore, riusciamo a scorgere l’aiuto di san Francesco che ci viene in soccorso, esortandoci a “praticare i consigli evangelici, progredendo sempre di bene in meglio”.

Come spunti per la riflessione, sono state poste due domande: “Sappiamo superare l’ambizione e vivere con umiltà il servizio”?

“In che modo e quanto viviamo da veri fratelli”?

Dopo alcuni minuti di silenzio. È iniziata la discussione. Dalle varie riflessioni è emerso per quanto riguarda gli adulti, che vivere mettendo al servizio degli altri i propri doni e talenti, non è sbagliato. Soprattutto nel lavoro, è necessario che il terziario si distingua, facendo tutto in carità e per carità, con umiltà e servizio, facendo così fruttificare i propri doni.

Non dobbiamo, poi, credere che tutto è difficile, perché siamo in cammino e pertanto la Regola non deve essere vista come un qualcosa di pesante e troppo difficile da seguire, in quanto tutti siamo in cammino e nessuno è perfetto se non Dio solo.

Per quanto riguarda, invece, i giovani è emerso che spesso si è ambiziosi, ma l’ambizione è intesa più come voglia di crescere e donarsi agli altri anche attraverso il lavoro e non come “prepotenza di arrivare o voglia di scavalcare l’altro”.

Con riguardo alla seconda domanda, che rappresenta un esplicito richiamo alla fratellanza, è emerso che nel Terz’Ordine, come in tutte le famiglie, può capitare ci siano dei disguidi, l’importante è, però, non perdere mai di vista, il senso del dono gratuito di sé verso chiunque il Signore ci pone.

Per far ciò, l’importante è mettersi sempre in discussione, ascoltare l’altro senza puntare il dito e giudicare, ma al contrario accogliere ogni parola del confratello come un insegnamento, un modo per conoscere l’altro. Ecco perché è di fondamentale importanza perché non è impossibilito, partecipare alla riunione formativa.

Prima concludere , la Presidente, Teresa Paonessa, ha ricordato che nei giorni 10 e 11 novembre 2005 si sarebbe svolto un incontro in preparazione del Convegno di Verona “Testimoni del Cristo Risorto”, al quale tutti i terziari erano invitati a partecipare.

Ha poi ricordato che si possono già pagare le quote e infine si è data lettura della lettera del Pre-novizio Matteo Aloi, che si trova ora a Massalubrense e che saluta tutti i confratelli, chiedendo loro di ricordarlo sempre nelle preghiere.

Con la preghiera conclusiva, è terminato alle ore 19.10 il presente incontro.

Incontro del 14.11.2005

“La Santissima Eucarestia”

di Concetta Cerra e P. Giovanni Sposato

Con la recita dei vespri si è dato inizio al presente incontro. Successivamente si è data lettura del verbale relativo all’incontro del sette (7) novembre 2005 per permettere anche i confratelli assenti di ascoltare ciò che è stato l’oggetto della discussione e quali i pensieri e le riflessioni sull’argomento posto all’ordine del giorno.

Dopo il verbale è stata data lettura della lettera scritta dalla Presidente Nazionale, nella quale esorta tutti i terziari a mettersi in atteggiamento orante in vista sia del Quinto Centenario della morte di San Francesco di Paola, sia del prossimo capitolo Generale, augurando a noi terziari di attendere tali preziosi eventi come momenti per vivere meglio il carisma di San Francesco di Paola.

Terminata la suddetta lettura, la Presidente della nostra Fraternità ha invitato tutti i confratelli a pregare per il Padre Generale, in partenza per il Brasile.

In seguito, il Padre Assistente ha introdotto il tema dell’Eucaristia, oggetto del presente incontro dando lettura di alcuni punti del “Catechismo della Chiesa Cattolica” che così definisce tale sacramento (par. 1322): “l’Eucaristia è il sacrificio stesso del Corpo e del Sangue del Signore Gesù che Egli istituì per perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della Croce (…). E’ il Segno dell’Unità, il Vincolo della Carità, il Convito Pasquale, nel quale si riceve Cristo”.

Proprio su quest’ultima frase è sorta una domanda sulla quale tutti siamo stati invitati a riflettere personalmente anche durante la settimana: “l’Eucaristia è per noi Sacramento di Pietà, Segno di Unità e Vincolo di Carità”?

Prima di concludere il Padre Assistente ha consegnato a tutti i presenti un foglio contenente l’articolo di Don Antonino Denesi, dal titolo “Innamorato dell’Eucaristia”.

In tale articolo, viene messa in risalto la figura di Padre Gaetano Catanoso, canonizzato il 23 ottobre 2005, nato a Reggio Calabria e fondatore della “Congregazione delle Suore Veroniche del Volto Santo”.

San Gaetano ha fatto della sua vita un’adorazione, scorgendo nell’Eucaristia i lineamenti divini del Volto Santo.

Questo articolo può rappresentare per noi terziari un invito a stare con Gesù-Eucaristia, fonte e culmine della vita di ogni cristiano.

Con la preghiera conclusiva, alle ore 19.00, è terminato il presente incontro.

Incontro del 21.11.2005

“I divorziati risposati e l’ Eucarestia”

di T. Di Cello

relazione di R. D’ Augello

LA RELAZIONE

E’ un dovere per ogni cristiano impegnato nella Chiesa, conoscere le problematiche che la dottrina pone, affinché nell’agire quotidiano, ognuno possa avere la capacità di confrontarsi con una società sempre più laica ed esigente.

Il tema sul quale questa sera rifletteremo è “I divorziati risposati e la Eucaristia.

Il Matrimonio è uno dei Sette Sacramenti istituiti da Cristo ed affidati alla Chiesa, la quale ne custodisce la dignità e il rispetto. L’unione è indissolubile e genera tra i coniugi un vincolo – dichiarato consensualmente – perpetuo ed esclusivo.

La Chiesa – fedele al Signore – non può riconoscere come Matrimonio l’unione dei divorziati risposati civilmente ma, verso di loro attua un’attenta sollecitudine, invitandoli ad una vita di fede, alla preghiera, alle opere di carità e all’educazione dei figli, pur vietando loro di poter ricevere l’Assoluzione Sacramentale e di accedere alla Comunione Eucaristica.

L’istituto del matrimonio – nel nostro tempo – sta modificando forma ed essenza per cui i valori cristiani intrinseci del Sacramento vengono opinati e gestiti a secondo un’ arbitraria e moderna interpetrazione.

Statistiche ufficiali ci danno tre dati:

Matrimoni religiosi: – anno 2001: 197 mila

– anno 1997: 220 mila

Matrimoni civili: – anno 2001: oltre 70mila

– anno 1997: 57 mila

Divorzi in crescita costante, il dato più recente parla di 40mila all’anno.

E’ certamente questo un fenomeno socio-morale e culturale allarmante che la Chiesa non può più ignorare. Anche i 250 Vescovi, riuniti da tutto il mondo nella Basilica di San Pietro dal 02 al 23 Ottobre u.s., nel Sinodo che – sotto il papato di Benedetto XVI – ha concluso l’Anno liturgico 2005 e che ha avuto come tema principale “l’Eucarestia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa,” hanno considerato ciò come segno del tempo e della cultura contemporanea. Visti i drammi che si stanno presentando sulla scena dell’attuale società, appiattendone ogni valore contribuendo anche alla disgregazione della famiglia, nella stessa Sede, gli stessi Vescovi, hanno insistito sul significato profondo del “Corpo di Cristo” e sul forte ed efficace valore che Questo assume nella vita del cristiano. Nella sezione degli “appelli” è stato riservato uno spazio di discussione alla tematica dei divorziati risposati, una finestra aperta dalla quale viene l’esortazione perché gli stessi non rinuncino ad una presenza costante alla Santa Messa

E’evidente, come taluni, pur partecipando, vivono il disagio di non poter ricevere il Pane Eucaristico ed offrono tale sofferenza a Dio, perché il loro desiderio di vita cristiana ha grande valore davanti a Lui; l’accostarsi alla Mensa Eucaristica implica un livello d’appartenenza cristiana che in questi è certamente parziale. Ciò nonostante, la consapevolezza della situazione familiare, non conforme al Comandamento di Dio, dovrebbe aiutarli ad accettare la mortificazione di tale “impedimentum.”

Altri, non comprendendo e non accettando tale restrizione, vivono una frustrazione interiore che spesso li porta a sentirsi scomunicati e sfiduciati anche nella fede, approdando e rifugiandosi così in “devianze”. Pur tuttavia – come affermano gli stessi Vescovi – essi non sono esclusi dalla vita della Chiesa.

Dallo stesso Sinodo, con la consapevolezza della fragilità e delle incertezze che minano il sacro vincolo del matrimonio, altra esortazione viene rivolta alla famiglia in generale, incoraggiandola a conservare in ogni circostanza l'”habitus” del buon cristiano.

La discussione sull’argomento nella Sezione degli Appelli è rimasta aperta anche dopo la chiusura del Sinodo, sebbene i Padri Sinodali non abbiano modificato la posizione della Chiesa, che nega appunto la Comunione ai divorziati risposati. Nella stessa Sede non sono mancate divergenze di opinione che, correlandosi tra di loro, hanno denunciato con chiarezza l’allarme per il proliferare di sette e movimenti e la preoccupazione per l’accoglienza che esse riservano anche ai divorziati risposati col rischio dell’ affiliazione e col pericolo di diventarne adepti. La gravità del problema è tale e concreta da meritare l’interesse dello stesso Papa Benedetto XVI. La sollecitudine pastorale è indispensabile per aiutare ad allargare gli spazi di appartenenza dei divorziati risposati alla Chiesa nel rispetto delle coscienze ma coerenti con la dottrina, mirando a favorire il dialogo ed il confronto, per offrire loro un cammino di riconciliazione e di recupero della fede e dei valori cristiani, esortandoli a dedicarsi assiduamente all’ascolto della parola di Dio perché essa possa nutrire la loro vita di valori spirituali, di carità e di conversione. L’ipotesi di una ulteriore riflessione – auspicata dal Papa – viene riportata dal Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, il quale afferma testualmente: “Non possiamo immaginare che la discussione sia chiusa, è una realtà che esiste, e si deve riflettere su come rispondere”.

Poiché la Comunione Eucaristica non è un diritto, sarebbe doveroso proporre loro, rivalutandola, l’Adorazione, facendo capire che anche così si può stare insieme a Gesù, cercando con Lui non soltanto un intimo incontro nell’Eucarestia, ma anche una consolazione morale e spirituale, una forza nuova che li sorregga. Restiamo vicini a loro con la preghiera nella certezza che lo Spirito Santo illumini i Ministri di Dio perché trovino soluzioni adeguate a questo delicato e complesso problema.

La chiusura del Sinodo non ha dato risposta definitiva alla “quaestio” ma ha lasciato aperta alla Chiesa la possibilità di poter trovare al problema una soluzione che non metta comunque in conflitto la fede e la ragione, la legge di Dio e la legge dell’Uomo.

Il Cristiano non deve dimenticare che esiste una teologia del matrimonio, ancora purtroppo poco conosciuta da chi si sposa, e che resta prioritaria rispetto ad ogni atto sequenziale; non sempre c’è assonanza e concordia tra il Codice Civile ed il Codice Canonico; il Diritto Civile

talvolta è un pianeta diverso rispetto alla legge della coscienza.

Non prendendo in considerazione i casi in cui l’annullamento del matrimonio, per la gravità delle circostanze, è stabilito dalla Sacra Rota, vorrei porre all’attenzione di questa assemblea due casi di cui sono a conoscenza, al fine di trovare insieme risposta alla domanda: “Dura lex sed lex”? E’ legge della Chiesa per tutti e in qualsiasi caso? Bisogna fare un distinguo tra caso e caso? E’ preclusa ogni possibilità a chi vive tale situazione di poter agire secondo coscienza ed autodecidere?

– Un primo caso riguarda la situazione di una donna nubile, credente e praticante, che ha contratto matrimonio civile con un divorziato, quindi ha accettato consapevolmente la condizione del marito. E’ giusto che costei rinunci al Sacramento pur partecipando alla Santa Messa?

– Un secondo caso è quello di un marito, credente e praticante che, sopportata per diverso tempo l’infedeltà della moglie, è stato dai fatti costretto al divorzio. Dopo questa prima esperienza negativa ha deciso di ricostruirsi una famiglia sposando civilmente una donna di buoni principi morali. Questi, pur avendo “subìto” il fallimento del primo matrimonio, è soggetto allo stesso divieto: non accostarsi al Sacramento dell’Eucarestia. Deve accettare ciò?

Ho trovato interessante, anche per la sua attualità di questo problema, con la consapevolezza comunque di aver solo espresso qualche personale opinione che desidero confrontare con la mia fraternità, per ritrovare insieme un atteggiamento umano adeguato da riservare ai nostri fratelli in Cristo che vivono tale situazione di disagio spirituale, ai quali continua ad essere negata la partecipazione al Banchetto Eucaristico che -nella partecipazione della Santa Messa – è sintesi dell’unione vera con Gesù.

A moderare il proseguo della discussione sarà P. Giovanni – investito anche quale giurista matrimoniale.

Grazie per l’ascolto

IL VERBALE DELL’ INCONTRO

Con la recita dei vespri si è dato inizio all’incontro odierno. In seguito, la presidente ha letto il verbale relativo all’incontro del 14 -11-05 per consentire ai confratelli assenti in quella data, di essere informati sull’argomento trattato. Dopo di che il confratello Raffaele D’Augello ha relazionato sul tema “I DIVORZIATI RISPOSATI E L’EUCARISTIA”, si allega al presente copia della relazione. Viviamo in una società sempre più laica ed esigente e noi che ci definiamo cristiani dinanzi alle problematiche dei divorziati siamo impreparati e disorientati. Il tema su cui siamo stati invitati a riflettere è alquanto complesso e si evince chiaramente quanto le nostre opinioni non possano essere esaustive né avere risoluzioni, considerato che anche il Sinodo ha lasciato aperta la questione. Nell’assemblea si è subito avvertito un certo disagio, smarrimento e disorientamento, perciò si è ravvisata la necessità di avere la presenza di Padre Ivano essendo fuori sede il Padre assistente che avrebbe dovuto moderare la discussione e illuminarci, in quanto anche giurista matrimoniale. I quesiti posti all’attenzione dell’uditorio per trovare insieme risposte alla domanda: “DURA LEX SED LEX?” sono stati: E’ legge della Chiesa per tutti e in qualsiasi caso? Bisogna fare un distinguo tra caso e caso? E’preclusa ogni possibilità a chi vive tale situazione di poter agire secondo coscienza ed autodecidere?

I casi presi in esame sono stati:

1° Una donna nubile, credente e praticante, che ha contratto matrimonio civile con un divorziato, quindi consapevolmente ha accettato la condizione del marito, è giusto che rinunci all’Eucaristia pur partecipando alla S Messa?

2° Un marito, credente e praticante per diverso tempo ha sopportato l’infedeltà della moglie, è stato dai fatti costretto al divorzio. Dopo tale esperienza negativa ha deciso di rifarsi una famiglia sposando civilmente una donna di sani principi morali. Pur avendo “subito” il fallimento del primo matrimonio, è soggetto allo stesso divieto: non accostarsi all’Eucaristia. Deve accettare ciò?

Dopo vari interventi, discussioni e interrogativi da parte dei convenuti, P. Ivano ha affermato che chi non può accostarsi all’Eucaristia è perché è manchevole. La Chiesa non nega i Sacramenti a nessuno, anzi cerca di avvicinare e accogliere tutti sollecitando al senso di responsabilità e alla responsabilizzazione di ognuno. Ognuno deve custodire la propria Fede accogliere ed osservare gli insegnamenti della Chiesa, poiché chi non vive in conformità alle leggi di Dio non può partecipare ai Sacramenti, ciò non significa che è allontanato dalla Chiesa. I divorziati possono partecipare alla Messa ma non all’Eucaristia, perché la Chiesa è Madre, accoglie tutti e invita a pregare per ottenere la Misericordia di Dio. Gennaro Calidonna ha esplicitato che i Cristiani non devono arrivare al divorzio ma se ciò è dovuto avvenire, devono effettuare delle scelte accogliendo e accettando i sacrifici che ne derivano, poiché Sacramento è uguale a presenza di Cristo e quindi accettazione delle leggi di Dio.

P. Ivano ha concluso l’incontro con l’espressione di S Paolo: “Chi si sposa non fa male, chi non si sposa fa meglio”.

Con la preghiera alle 19.30 si è concluso l’incontro con la riserva di approfondire l’argomento.

Incontro del 28.11.2005

“I divorziati risposati e l’ Eucarestia”

Approfondimento con il P. Assistente P. Giovanni Sposato

di T. Di Cello

Alle ore 18.00 con la recita dei vespri si è dato inizio al consueto incontro del lunedì. Il P Assistente circa la recita della liturgia delle ore preghiera ufficiale della Chiesa, ha consigliato che fosse necessario mantenere un certo stile: atteggiamento raccolto, osservazione delle pause, momenti di silenzio, controllo del tono di voce e nell’esecuzione dei cantici evitare le cantilene. Da parte dell’assemblea è stata richiesta una certa di formazione con un esperto. Il P. Assistente ha, inoltre informato i presenti che da parte del Sindaco prof. Gianni Speranza ha ottenuto la concessione, per i prossimi venti anni, dell’ala sinistra del vecchio convento di Sambiase, ora in uso dagli uffici comunali. Sarà necessario realizzare dei lavori di ripristino e recupero dei locali e del Chiostro, per restituirli ai vecchi splendori e renderli fruibili per il 2008 in occasione del 5° centenario dalla fondazione del Convento.

In seguito è stato letto il verbale dell’incontro del 21-11-05, ma constatata l’assenza del relatore Raffaele D’Augello non si è proceduto a commenti specifici sulla relazione. Si è ravvisata, però, la necessità di approfondire il Sacramento del Matrimonio. Oggi, uno dei rischi più gravi ,per cui i matrimoni falliscono, è che le coppie non sono abbastanza responsabili del Sacramento che vanno a contrarre. Sono indispensabili, pertanto, i corsi di formazione prematrimoniali e il “processetto “a cui sono sottoposti entrambe, separatamente. Il matrimonio cristiano s’ispira alla visione evangelica dell’Amore-Sacramento e dei doveri morali che ne conseguono: UNICO-INDISSOLUBILE-APERTO ALLA VITA.

La riuscita del proprio matrimonio dipende da come ci si prepara e da chi si sceglie!”” L’amore coniugale è prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto d’istinto e di sentimento, ma anche e principalmente atto di volontà libera, quotidiana, di modo che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana.

E’ poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale d’amicizia personale in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé.

E’ ancora amore fedele ed esclusivo fino alla fine. Così, infatti, devono percepirlo lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente ed in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che è sempre possibile, nobile e meritoria, nessuno lo può negare. L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è consone alla natura del matrimonio, ma altresì fonte di felicità profonda e duratura. E’ infine amore fecondo, che non si esaurisce nella comunione tra i coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite.”.

Il matrimonio è un dono d’Amore che Cristo ci dà, tramite la Chiesa, da costruire giorno per giorno; è una scelta di vita,un atto d’estrema fiducia ,un aiutarsi a salire ,è necessaria tanta Fede e fiducia nella Chiesa:S. Francesco c’insegna:”la Sapienza di questo mondo è Stoltezza”

Il vero Amore perciò è essere pronti a sacrificare la propria vita ,sacrificarsi in nome di Cristo perché Lui per noi lo ha fatto: Gesù ci aiuterà nel cammino verso la santità.

Ulteriori informazioni:Giorno 11-12-05 si terrà il ritiro spirituale a Paola Partenza ore 7.30 lo stesso giorno nel salone si terrà l’incontro della 3^ ETA’. Con la recita della preghiera di ringraziamento alle 19.20 si è concluso l’incontro.

Incontro del 05.12.2005

“Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo “

(in preparazione del 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona – Ottobre 2006)

Prima parte

di T. Di Cello e L. Rocca (relazione)

Alle ore 17.00 con la recita della preghiera ha avuto inizio l’incontro domenicale mensile, per consentire la partecipazione dei confratelli occupati per lavoro durante i giorni feriali. Sono stati presenti, infatti, in parecchi soprattutto i giovani. La Presidente ha informato l’assemblea che il 19-12-05 alle 19.30 si terrà nel salone parrocchiale l’incontro per lo scambio d’auguri e festeggiare i confratelli che durante l’anno hanno compiuto 90 anni. Ha inoltre distribuito la lettera che il Padre Generale ha inviato alle comunità in occasione dell’Avvento. Ha avanzato la richiesta d’eventuali nominativi da designare come membri del costituente gruppo missionario diocesano.

Il confratello Luciano Rocca ha relazionato per illustrare la sintesi della prima parte della traccia di riflessione in preparazione al 4°Convegno Ecclesiale Nazionale che si svolgerà a Verona dal 16 al 20 ottobre 2006, che ha come tema “TESTIMONI DI GESU’RISORTO; SPERANZA DEL MONDO”. Se ne allega copia al presente verbale. Le proposte della traccia sono state attinte dal testo biblico della Prima lettera di Pietro, “IL DONO DELLA SPERANZA CHE SGORGA COME ACQUA VIVA, ACQUA CHE RIGENERA E SALVA”.

Ha sintetizzato, inoltre, l’INSTRUMENTUM LABORIS per la settimana Sociale Calabrese che si svolgerà dal 3 al 5 marzo 2006: CRISTO NOSTRA SPERANZA IN CALABRIA.TESTIMONI DI CORRESPONSABILITA’ PER SERVIRE QUESTA TERRA SU STRADE DI LIBERAZIONE.Tale tema ribadisce quanto i Vescovi calabresi hanno voluto comunicare ai CRISTIANI di Calabria: “LA SPERANZA E’ PIENAMENTE POSSIBILE NON E’ UN SOGNO MA LA POTENZIALITA’DOVEROSA DA SCOPRIRE E SERVIRE”. Si tratta, in altre parole, di riaffermare con forza la necessità della “SEMINA DELLA SPERANZA”. I laici, pertanto, dobbiamo impegnarci con fiducia,senza arrenderci,ponendo fisso lo sguardo sul Vangelo della speranza,diventando TESTIMONI E CORRESPONSABILI PER SERVIRE QUESTA TERRA SU STRADE DI LIBERAZIONE E DI SVILUPPO .UNA LIBERAZIONE AUTENTICA, UNO SVILUPPO POSSIBILE.Il documento pone attenzione su cinque grandi aree dell’esperienza personale e sociale: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza. Intorno a tali ambiti, attraverso domande provocatorie, siamo stati stimolati a riflettere e confrontarci, ognuno per il suo stato,famiglia,scuola, parrocchie,luoghi di lavoro ecc. affinché,questo percorso formativo diventi per tutti “UN RICHIAMO AD UN SUSSULTO DI SPERANZA”. Si allega copia delle varie risposte, riflessioni ed opinioni che ne sono scaturite e che saranno presentate alla Consulta pastorale diocesana nella riunione del 14-12-05. L’incontro si è concluso alle ore 19.00.

RELAZIONE

( Dalla presentazione al convegno di Verona ottobre 2006 ” Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo ” del card. Dionigi Tettamanzi. Paragr. 1-5 )

Sintesi

Il card. Tettamanzi, presidente del comitato preparatorio, nel solco dei convegni ecclesiali nazionali del 1976 di Roma , del 1985 di Loreto, del 1995 di Palermo, ci propone una traccia di riflessione su come i cristiani devono svolgere il loro ruolo nel contesto della realtà storica in cui vivono ed operano.

La prima lettera dell’apostolo Pietro orienterà i passi della Chiesa italiana.

” Non è cosa facile, oggi, la speranza …” ma Giovanni Paolo II ci ha aiutato a scoprire i santi che sono in mezzo a noi e la Chiesa italiana per prima cosa dirà grazie allo Spirito per i doni che si sono resi visibili nella vicenda di queste sorelle e fratelli.

L’ anno che stiamo vivendo dedicato alla Eucaristia ci ricorda che senza l’Eucaristia nel giorno del Signore i cristiani non possono esistere né vivere.

Quattro momenti articoleranno il convegno: l’incontro con il risorto, la radice del testimone cristiano, la testimonianza del cristiano, l’esercizio della testimonianza.

Gesù crocifisso e risorto è il centro della testimonianza cristiana, il Crocifisso Risorto è il nome della speranza cristiana.

Occorre avere in mente non solo la resurrezione storica di Gesù, su cui si fonda la nostra fede e l’attesa dei tempi ultimi, ma l’esperienza di resurrezione che ciascuno di noi vive nell’incontro con il Risorto, soprattutto dopo momenti bui dell’esistenza. La speranza scaturisce da questa esperienza della propria vita e diventa quasi un grazie.

La fede pasquale è anzitutto esperienza di conversione .La presenza del Risorto nella vita del testimone crea la comunità della testimonianza che è missionaria, secondo il mandato di Gesù. ( Mt. 28, 18-20 )

L’incontro con il Risorto è esperienza di relazione: il senso dei gesti della Chiesa e delle sue iniziative hanno il compito di introdurre gli uomini alla relazione viva con il Risorto.

Testimone è chi sa sperare. L’uomo riconciliato con il Signore è reso capace di plasmare la vita, di condurre una gioiosa esperienza quotidiana di relazione in famiglia, con gli amici, al lavoro, nella società.

Per la riflessione e il confronto

Come proporre la virtù della pazienza e della perseveranza per dare senso anche alle situazioni di apparente fallimento?

Le nostre comunità cristiane cercano di essere un ambiente di spiritualità che apre all’incontro con il Risorto e lo favorisce?

( continua par. 6-9 )

” La testimonianza da rendere a Cristo Risorto è pure oggi soggetta alla fatica e alla prova. ”

( par.6 )

Nel messale vi è questa preghiera: donaci di comprendere o Padre il mistero della Tua redenzione per essere degni di partecipare alla gloria della Tua resurrezione.

Il mistero della croce è intimamente connesso alla vittoria di Pasqua e ciascuno di noi sa che l’ accettazione del dolore di sé o la condivisione e partecipazione del dolore altrui è condizione necessaria perché si compia il miracolo sempre possibile della salvezza fisica e spirituale, contemporanea ed eterna.

Il battesimo ci ha inserito in questo mistero: sepolti con Cristo nella morte, rinati con Lui ad una vita nuova ( cfr. Rm 6,3-4 ). ( par. 7 )

” La testimonianza è la fede che diventa ” corpo ” e si fa storia nella condivisione e nell’ amore. ” ( par. 8 )

” Solo il radicamento dei credenti in Cristo provoca una continua conversione alla speranza”

[…] è possibile fare esperienza dell’incontro con il Risorto e della sua presenza trasformante in mezzo a noi. La parola di Dio e il sacramento, la vita di comunità e il servizio al povero sono i segni privilegiati che aprono alla presenza e alla grazia del Risorto e donano senso e forza alla vita nuova […] . Formare testimoni significa anzitutto avere cura della qualità alta della coscienza cristiana”( par. 9 )

NOTA: Scriveva La Pira ” Se Cristo è risorto- e lo è -questo Corpo glorioso risorto, investe inevitabilmente l’intera creazione materiale ( noti: materiale! ) e spirituale, politica e civile, del mondo.[…] Questo Corpo glorioso di Cristo agisce – come lievito trasformatore – non solo nell’ anima ma nel corpo stesso dell’uomo! ” ( da L’ attesa della povera gente, 103 )

Per la riflessione e il confronto

Come aiutare a maturare la responsabilità di una fede adulta?

Quali sono le fatiche e i rischi a cui oggi nel nostro Paese è esposta la vita di fede e la testimonianza dei cristiani?

” E chi vi potrà fare del male se sarete ferventi nel bene? E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto. ” ( 1 Pt. 3, 13-15 )

INTERVENTI

Sulla pazienza e perseveranza

Giuseppe B.: Nei propri momenti difficili con la testimonianza si può essere di aiuto anche agli altri testimoniando in noi la virtù della pazienza e perseveranza.

Paolo S.: Il fulcro della nostra fede è la Croce che permette di sopportare i momenti di maggior peso che la vita ci da. Amare questa vita ed avere presente il disegno della Salvezza attraverso la Croce.

Mimmo F.: Affidarsi a Cristo, capire che è Croce e Resurrezione e testimoniarlo attraverso la fede che è fiducia.

Tilde G.: Dobbiamo anzitutto acquisire la pazienza e la perseveranza. E’ importante l’aiuto reciproco. Il Signore nel Vangelo ci ha detto che dobbiamo abbandonarci a Lui. Aiutare l’ altro a superare i momenti difficili confidandogli, ad esempio, i propri momenti difficili che si sono superati.

Gasperino F.: Gesù ci dice ” chi vuole seguirmi, prenda la sua croce e mi segua “, ma ci chiama nello stesso tempo alla speranza. Si dice tra il popolo ” Se Gesù ti vuole bene ti tocca ” cioè ti segna col dolore, perché tu possa convertirti e tornarlo ad amarlo. Ora occorre captare tutti i piccoli segni, nella ricerca della speranza, che accadono sotto la nostra esperienza e che sono l’aiuto di Nostro Signore.

Su tutto è necessaria la fede. Il buon ladrone sulla croce ha avuto speranza in Gesù.

Sul ruolo delle nostre comunità

Piero M.: Con la raccolta e la distribuzione degli indumenti, fatta di persona, con gesto caritatevole, si può annunciare la resurrezione.

Maria A.: Dalla visita agli ammalati riceviamo tanto, ma si da loro anche speranza.

Sull’ impegno a maturare una fede adulta

Mimmo F.: Necessità della preghiera.

Teresa P.: Attingo la forza dai sacramenti.

Annarita A.: La famiglia giovane deve diventare comunità cristiana nel mondo. E’ urgente l’esperienza familiare della preghiera. Così la speranza potrà essere meglio testimoniata.

Sui rischi della testimonianza cristiana

Sofia C.: I giovani, oggi, affrontano i maggiori rischi. Spesso i più forti resistono con un prezzo molto alto: la solitudine nei loro ambienti giovanili.

Paolo S. : Spesso i rischi sono dentro di noi più che negli altri, quando non siamo coerenti. I grossi cambiamenti della società ci devono essere di stimolo ed il confronto che io ho con la società è positivo.

Tilde G. : A volte, nell’ esperienza quotidiana, si scende a compromessi ma con fatica ed impegno si può vincere la sfida.

Incontro del 12.12.2005

“Il racconto della Testimonianza “

(in preparazione del 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona – Ottobre 2006)

Seconda parte

di T. Di Cello e R. Paonessa (relazione)

VERBALE

Alle ore 18.00 con la recita dei Vespri si è dato inizio all’incontro programmato, per continuare la riflessione sul documento in preparazione del 4°Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona. Ha esposto la seconda parte il confratello Lellè Paonessa.

Il tema proposto è stato: ” Il racconto della testimonianza.”. Si allega copia della relazione. Dopo l’illustrazione della proposta sono seguiti vari interventi chiarificatori, riflessioni e commenti. Ci siamo soffermati a riflettere com’essere uomini e donne che testimoniano la speranza. I testimoni sono coloro che assistono a degli eventi e li trasmettono nel modo più fedele possibile. La testimonianza non narra solo il contenuto della speranza cristiana, ma indica anche il percorso per conseguirla. Speranza e Testimonianza sono due elementi fondamentali,inscindibili della Fede Cristiana. Il cristiano non è una persona straordinaria, speciale, ma uno che vive il suo tempo secondo gli insegnamenti biblici-evangelici. Ci sono d’esempio: S.Pio, Madre Teresa, Papa Giovanni Paolo 2°e tanti altri che hanno testimoniato con il loro modo di vivere la Speranza del Cristo morto e Risorto.

L’esercizio della testimonianza deve avvenire in tutti gli ambiti in cui noi cristiani ci troviamo a vivere e ad operare: vita affettiva, vita lavorativa, fragilità umana,tradizione,cittadinanza. Essere,quindi,più attenti ,presenti perseveranti ed operativi in famiglia con i figli ,gli anziani,i malati;solidali e rispettosi dei diritti di ogni lavoratore;intervenire discretamente per confortare e aiutare chi è in difficoltà;trasmettere attraverso l’uso dei mass-media il patrimonio culturale e sociale che ci contraddistingue;garantire l’accoglienza di tutti i cittadini che per varie cause sono costrette ad emigrare dai loro paesi d’origine.

Il Cristiano, quindi, è testimone di Cristo che è salito sulla Croce per dare Speranza all’umanità, Cristo che ha subito tutte le ingiustizie più crudeli di questo mondo, senza mai smettere di “AMARE L’ALTRO COME SE STESSO”e forse anche “più DI SE STESSO”. Per esseri veri testimoni, noi dovremmo conoscere di più Gesù Cristo: PERDONARE ED AMARE.

La presidente ha informato circa il convegno che si celebrerà a Roma dal 24 al 26 marzo 2006,sulla IV regola nel V centenario della stessa.

L’incontro si è concluso alle 19.30.

RELAZIONE

IL RACCONTO DELLA TESTIMONIANZA

Com’essere uomini e donne che testimoniano la speranza?

Importante è verificare il reale senso della parola testimone, paragonandola alla vita di tutti i giorni e quindi capirne il significato e l’importanza.

Chi è il testimone?

Il testimone è chi assiste ad un evento e lo trasmette nel modo più fedele possibile. La testimonianza non narra solo il contenuto della speranza cristiana, ma indica anche il percorso per conquistarla.

Speranza e Testimonianza sono due elementi inscindibili della Fede Cristiana. La testimonianza della Speranza e quindi della Resurrezione, dà l’immagine del credente e di come egli vive cristianamente il suo tempo. Tutto ciò senza fare del cristiano un essere extraterrestre, ma un uomo che vive nella società odierna secondo gli insegnamenti evangelici. Tutto deve essere compiuto alla luce della speranza cristiana che si testimonia, anche perché la storia è intrisa di veri testimoni del Cristo morto e risorto, rendendo attuale il suo messaggio.

Pista di riflessione:

v In che modo oggi il cristiano comunica con il suo stile di vita la speranza della novità cristiana alle giovani generazioni?

v Sono offerte occasioni ai cristiani di riflessione sui meccanismi sociali ed economici, sui modelli culturali, sul funzionamento delle comunicazioni di massa, per aiutare a valutare possibilità e rischi in rapporto all’annuncio e alla testimonianza cristiana?

L’ESERCIZIO DELLA TESTIMONIANZA

Riconosciamo che il mondo in cui viviamo ha nostalgia di speranza,perché i rischi che quotidianamente affrontiamo sono legati alle evoluzioni culturali e sociali. Sempre più dobbiamo confrontarci con fedeli d’altre religioni che sono integrati nel nostro tessuto sociale, bambini multietnici che vivono e crescono assieme ai nostri figli,uomini e donne che lavorano a nostro contatto di gomito. La nostra testimonianza deve essere: cultura dell’accoglienza, rispetto reciproco, dialogo tra le diverse culture e religioni, anche perché il nostro Paese fa parte del continente Europa che si apre ogni giorno di più. Un altro valore fondamentale è l’eticità cristiana, alla luce di una Scienza che in tutte le sue componenti sta facendo passi da gigante. Dinanzi a tutto ciò, il cristiano come deve mantenere vivo il messaggio di Cristo senza sentirsi avulso dalla società che lo ingloba e che lo osteggia sempre più con le nuove scoperte mediche, tecnologiche, politiche e culturali?Una risposta certa non l’abbiamo,ma sicuramente affidandoci a Cristo potremo essere testimoni della Speranza a cui Egli stesso ci chiama.

v AMBITO: VITA AFFETTIVA

Quello della vita affettiva è un ambito in cui spesso assistiamo a delle vere e proprie crisi esistenziali, mettendo da parte la “grande colonna”portante che è la famiglia a vantaggio di pure chimere quali la felicità momentanea,il senso dell’arrivismo professionale che spesso stritola la famiglia,l’accumulare beni per il futuro dei figli che però ben sappiamo hanno bisogno della presenza dei genitori.

v AMBITO: VITA LAVORATIVA

Nel mondo del lavoro assistiamo ad un’evoluzione costante, che mette sempre più la componente umana in secondo piano, il lavoratore è considerato un numero,una macchina che deve produrre ,il cristiano deve essere testimone di obiettività e solidarietà cercando di salvaguardare il bene della persona senza perdere di vista l’aspetto economico.

v AMBITO: FRAGILITA’ UMANA

Il cristiano, in tale ambito, deve cercare d’intervenire con la presenza discreta, dare conforto non pensare solo ad un aiuto fisico con beni materiali, ma soprattutto all’interiorità di chi si trova in difficoltà. L’ospitalità, la cura e l’assistenza dei malati, degli emarginati degli anziani degli ultimi in senso lato, sono le priorità della testimonianza del Cristo Risorto che ognuno di noi deve trasmettere a chi ci sta accanto.

v AMBITO: DELLA TRADIZIONE

Tradizione intesa come esercizio del trasmettere ,che costituisce il patrimonio culturale e vitale della società. In pratica cercare d’essere testimoni nei confronti dei mass-media, in cui sempre più è messo in risalto il successo effimero, nelle scuole e nelle università in cui in questo periodo il cristiano sta perdendo potere decisionale.

v AMBITO: LA CITTADINANZA

In quest’ambito si deve essere testimoni dell’uomo cittadino del mondo, come ci ha insegnato Giovanni Paolo 2°,tenendo presente che l’uomo a seconda delle esigenze più diverse quali:fame,guerre,povertà emigrazione è costretto a spostarsi da una parte all’altra,e noi dobbiamo garantire l’accoglienza.

Il cristiano, quindi, deve essere testimone di Cristo che è salito sulla Croce per dare Speranza all’umanità, Cristo che ha subito le ingiustizie più crudeli senza mai perdere il principale suo obiettivo: “AMARE L’ALTRO COME SE STESSO” e d anche “PIU’DI SE STESSO”

Incontro del 16.01.2006

“Santa Messa: Cena del Signore “

di T. Di Cello (verbale) e P.G. Sposato

Alle ore 18.00 con la recita dei Vespri si è dato inizio all’incontro di fraternità. Il padre assistente ha esortato i convenuti ad essere perseveranti nella pratica dei 13 venerdì in onore di S.Francesco di Paola, iniziati il 13 corrente mese, poiché celebrandoli com’unitariamente, ha affermato, si cresce sempre più spiritualmente come fraternità. In seguito ha introdotto l’approfondimento del tema prescelto: la Santa Messa, Cena del Signore, rifacendosi al Catechismo della Chiesa Cattolica art, 1323 e successivi; invitandoci all’attenta riflessione su questo gran mistero. Per ricordare gli aspetti particolari di questo Sacramento si usano vari nomi: EUCARESTIA, SANTA MESSA, CENA DEL SIGNORE.CELEBRAZIONE EUCARISTICA, FRAZIONE DEL PANE, SANTO SACRIFICIO, SANTA E DIVINA LITURGIA, SANTI MISTERI, MEMORIALE della PASSIONE, MORTE E RISURREZIONE DEL SIGNORE

La Chiesa ha sempre celebrato l’Eucaristia soprattutto la domenica, perché è il giorno della Risurrezione di Gesù. La Messa è la liturgia cristiana più importante e solenne. La parola Messa deriva dal latino “missa” (mandata), ed è tratta dalla formula di commiato dell’assemblea:”ITE MISSA EST”,ANDATE L’EUCARISTIA E’ STATA INVIATA;”MISSA ALTARIS”,che allude all’antica usanza d’inviare il pane consacrato sull’altare dal vescovo,alle altre chiese di Roma,per simbolizzare l’UNITA’ della CHIESA. L’Eucaristia è uno dei Sacramenti della Chiesa Cristiana,celebrato da un Ministro ordinato,che consacra e distribuisce il pane e il vino obbedendo alla volontà di Gesù; fu Egli Stesso ad istituirla,per perpetuare nei secoli,il Sacrificio della Croce,affidando il Memoriale della sua Morte e Risurrezione.”FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME “disse Ai suoi Apostoli il giovedì Santo,mentre consumava con loro la sua ULTIMA CENA. L’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita cristiana,perché in essa convergono l’azione santificante di Dio verso di noi e il nostro culto verso di LUI. L’Eucaristia esprime e produce la comunione della vita divina e l’unità del Popolo di DIO. Attraverso la Celebrazione Eucaristica avviene l’unione alla liturgia del Cielo e anticipa la vita eterna. Si osserva :fede eucaristica malata ,dramma eucaristico,gelo eucaristico. Come ovviare a tutto ciò e quali atteggiamenti e comportamenti assumere?Prepararsi:studiando,conoscendo,meditando e contemplando il Mistero Eucaristico che si celebra

Abituarsi a non presentarsi “a mani vuote”,ma portare all’altare tutte le gioie,le sofferenze e le intenzioni nostre e degli altri.

Partecipare all’Eucaristia senza distrazioni , pensare e credere che in quel momento Gesù c’elargisce grandi doni.

Passare dall’Eucaristia oggetto all’Eucaristia persona,quindi,dal ritualismo al rapporto vivo e vero con Gesù , perché EGLI ha voluto tale rapporto personale. Hanno fatto seguito momenti di chiarimento ed esplicazioni dell’argomento.

Il tema sarà ripreso nell’incontro successivo.

La presidente ha informato circa l’organizzazione del convegno del 24-25-26-marzo a Roma e sulla giornata di spiritualità svolta a Longobardi il 15 gennaio ’06 sulla conoscenza degli ATTI DEGLI APOSTOLI.

Alle 19.30 con la preghiera si è concluso l’incontro.

Incontro del 22.01.2006

“I primi tre comandamenti – Commento alla Regola, attraverso la lettura dei Comandamenti dal testo del Catechismo della Chiesa Cattolica”

di T. Di Cello

Alle ore 17.00 con la recita dei vespri è stato dato inizio all’incontro mensile domenicale.

Il P. assistente ha informato che il tema dell’incontro odierno non è quello programmato, ma è stato anticipato l’approfondimento della Regola, poiché la delegata alla formazione non sarà presente al prossimo appuntamento del 30-01 06.

Ha preso la parola la delegata rifacendosi al commento della regola dal libretto “La regola è divisibile in quattro parti” di P.DI MAIO e al Catechismo.

Osservanza dei comandamenti.

Decalogo =10 parole.

La riflessione ha riguardato i primi tre comandamenti.

1°Comandamento:

Doveri: credere, amare, sperare, adorare DIO.

Divieti: dubbio volontario, incredulità, eresia, scisma, disperazione e presunzione,indifferenza,ingratitudine verso Dio.

“Non avrai altro Dio fuori di me”, proibisce il politeismo e l’idolatria: divinizzare creature, potere, denaro, demonio.

La superstizione: magia, stregoneria e spiritismo.

L’irreligione, che si esprime nel tentare Dio con parole o atti,nel sacrilegio che profana persone o cose sacre,nella simonia che è la volontà di acquistare o vendere le realtà spirituali,l’ateismo,l’agnosticismo. Su questi punti sono stati necessari chiarimenti da parte del P.Assistente.

2°Comandamento:

Doveri: rispettare, invocare, benedire, lodare e glorificare il nome di Dio.

Divieti: evitare l’abuso e ogni uso sconveniente del nome di Dio per giustificazioni varie.

3° Comandamento:

“Santificare le feste”: s’intende come il tempo da dedicare a Dio, al prossimo, a noi stessi.
Dio” ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro”(Es, 20-25).

Gesù ha riconosciuto la santità del sabato.”Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”(Mc, 2-27)

Perchè il sabato è stato sostituito dalla domenica?

La domenica è il giorno della Risurrezione di Cristo, quindi, giorno del Signore.

I cristiani santificano la domenica e le altre feste di precetto con la partecipazione all’Eucaristia e astenendosi dalle attività che impediscono il culto a Dio e alla distensione del corpo e della mente.

Sono consentite le attività legate alle necessità familiari o ai servizi d’utilità sociale.

A tal proposito è scaturita la discussione circa l’importanza di riconoscere civilmente le festività di precetto, per consentire a tutti di godere di un sufficiente riposo e di tempo libero per la cura della vita religiosa, familiare, sociale e culturale; di disporre di tempo da dedicare alla meditazione,alla riflessione,alle opere di bene,in particolare ai malati e agli anziani.

Avvisi:organizzazione della festa di S.Francesco di Sales ,martedì 24 gennaio ’06 ore17. 30. 30.S.Messa

Ore 20.00 ritrovo per condividere un momento di festa in pizzeria.

Richiesta di preghiere per persone malate e per i loro familiari;inoltre preghiere per fra Marco che sabato 28gennaio ’06 a Cosenza sarà consacrato Sacerdote

E’ in corso la campagna abbonamento al giornale di S.Francesco di Paola che ora è anche l’organo di stampa del TOM, Lidia Macrì ne cura l’iscrizione.

Alle 18.40 con la recita della preghiera, l’incontro è stato concluso.

Incontro del 30.01.2006

“Santa Messa: atto di tenerezza che Gesù ha avuto per noi”

di T. Di Cello

Alle ore 18.00 dopo la recita dei vespri ha avuto inizio l’incontro di fraternità condotto da P.Giovanni Sposato.

Tema del giorno: seconda parte dell’introduzione allo studio della S.Messa, come sublime atto di tenerezza che Gesù ha avuto per noi.

Ogniqualvolta ci accostiamo a tale mistero dobbiamo sentire quello che un alpinista prova nell’affrontare la scalata di una montagna inviolata.

Voler studiare la Messa è presunzione; è necessario fare un grande atto d’umiltà, farsi piccoli.

Maria è stata, tra i dodici, la creatura che ha compreso veramente questo san mistero.

La Madonna ci sia d’aiuto in questo percorso.

La Messa è il più gran mistero cristiano, penetrarlo qui in terra è faticoso, ci sono riusciti i grandi santi, perciò più impegno a diventare santi più si capirà tale mistero.

Chi prega di più: approfondirà, conoscerà e farà entrare nel proprio cuore la Messa.

La Messa è un convito di famiglia, dove un nucleo si riunisce per uno scambio d’affetto.

C’è la Mensa (l’altare); il Cibo: pane e vino;gli invitati:sacerdote e fedeli.

Intorno ad una tavola tutti s’intendono di più.

Gesù istituì la Messa come un pasto in famiglia; Egli conosce i cuori e le menti di ognuno e riunisce tutti attorno a Lui.

La Messa è un convito e comporta degli impegni da rispettare.

Ad un convito si va con il cuore contento, con il vestito interiore a festa; né orgoglio né sensualità.

Abituarsi ad una profonda purificazione del cuore.

S.Paolo dice”chi mangia e beve indegnamente il Corpo e il Sangue di Cristo, consuma la propria condanna”

Ad un convito si portano doni che non possono essere improvvisati. Cosa porto a Cristo?

Signore cosa vuoi da me?Cosa ti dispiace di me?Fammelo capire, parlami, rivelati. Ogni volta che ci si accosta a Messa dobbiamo interrogarci in questi termini.

Ad un convito si va con il cuore aperto a tutti gli invitati. Ho odio nel cuore?Voglio perdonare?

Altrimenti è bene avere l’onestà di aspettare che il perdono sia completo, non basta perdonare con il pensiero ma anche con i fatti.

Ad un convito si partecipa, si parla, si ascolta.

Dio mi parla e devo ascoltarlo, perché c’è sempre un contenuto personale.

Si parla: pregando, cantando, dialogando con Dio e con gli altri.

Tanti sono stati i chiarimenti su perplessità e dubbi.

Alle 19.30 con la preghiera, l’incontro è terminato.

Incontro del 06.02.2006

“Quarto e Quinto comandamento – Commento alla Regola, attraverso la lettura dei Comandamenti dal testo del Catechismo della Chiesa Cattolica”

di T. Di Cello

Alle ore 18.00 con la recita dei Vespri si è dato inizio all’incontro di formazione della fraternità.

Tema del giorno:continuazione dell’approfondimento e commento alla Regola, attraverso la lettura dei Comandamenti dal testo del Catechismo della Chiesa Cattolica.

A condurre l’incontro la delegata alla formazione Rita Vincenti e l’assistente P.Giovanni Sposato.

IV° Comandamento: Onora tuo padre e tua madre

Questo Comandamento annunzia doveri da compiere.

Dio ha istituito la famiglia. Tra i membri della stessa famiglia si stabiliscono relazioni personali e responsabilità primarie.

In Cristo la famiglia diventa Chiesa domestica, perché è comunità di Fede, Speranza e Amore.

La comunità politica deve rispettare, proteggere e favorire la famiglia, la morale pubblica, i diritti dei genitori e la prosperità domestica.

I figli ai genitori devono rispetto, riconoscenza, docilità, obbedienza.

I genitori, qualora, si trovassero in stato di bisogno,i figli devono loro aiuto morale e materiale.

I genitori verso i figli sono responsabili dell’educazione, hanno il dovere di amarli e rispettarli come persone e come figli di Dio, provvedere ai loro bisogni materiali e spirituali, in particolare educarli alla Fede Cristiana attraverso l’esempio, la preghiera, la catechesi e la partecipazione alla vita della Chiesa.

V°Comandamento: Non uccidere

La vita umana va rispettata perché è sacra.

Nessuno può sopprimere direttamente un essere umano, perché è contro la dignità della persona e la santità del Creatore.

Questo Comandamento proibisce l’omicidio diretto e volontario, l’aborto diretto ,l’eutanasia,il suicidio.

Doveri verso il corpo: bisogna avere cura della salute fisica propria e altrui, evitando il culto del corpo; non si deve fare uso di droghe, abuso di cibo, d’alcool di tabacco e di farmaci.

I trapianti d’organi sono accettabili previo consenso dei donatori.

I corpi dei defunti devono essere trattati con carità e rispetto.

La cremazione è consentita senza però mettere in discussione la fede nella risurrezione dei corpi.

Avvisi:

Mercoledì 8 febbraio inizio corso di formazione per i ministri straordinari della Comunione.

Per i festeggiamenti del V°centenario della morte di S.Francesco il 17 febbraio a Paola saranno presentati nel corso di un convegno un cd e posters sulla vita del Santo.

A Pizzo il 18 febbraio si svolgerà un seminario di studio, e sarà presente il P.Generale.

Alle 19.30 con la recita della preghiera si è concluso l’incontro.

Incontro del 12.02.2006

“L’ Amore di San Francesco per Gesù Crocifisso”

di T. Di Cello e T. Paonessa (Relazione)

Alle ore 17.00 con la recita dei Vespri si è dato all’incontro domenicale mensile.

Essendo assente il Padre Assistente presiede la Presidente Teresa Paonessa la quale ha offerto all’attenzione dell’assemblea una sua meditazione sull’amore di S.Francesco per Gesù Crocefisso, al presente se n’allega copia.

Dopo aver dato lettura di tale meditazione ha invitato i presenti a riflettere, commentare e rispondere personalmente ai seguenti quesiti :

1. Chi è Gesù per me?

Il fulcro della mia vita.

Gesù è la nostra bussola.

L’amico che sento sempre vicino e che non mi tradisce.

Dare una risposta univoca, precisa, concreta è difficile; solo rifugiandosi nella Fede se n’avverte l’importanza.

2. Che importanza dò alla pratica dei 13 venerdì?

Sono importanti come momenti di festa e comunione da vivere con i confratelli della fraternità.

Danno l’opportunità di riflettere e scoprire sempre meglio e di più le virtù di S.Francesco.

Quando non si ha la possibilità di partecipare se ne sente la mancanza.

Non si è ancora capita, attraverso tale pratica, l’importanza alla preparazione della S.Pasqua.

3. Come accolgo le prove della vita?

4. Mi rendo docile al disegno di Dio su di me?

Su questi punti si è discusso molto, perché non sempre si accettano le prove passivamente, né si è docili, anche se si cerca di evitare la ribellione.

Per qualcuno la risposta è stata positiva,perché riesce ad affidarsi in toto alla volontà di Dio attraverso la preghiera.

Ognuno ha avuto la possibilità di esprimere ed esternare i propri pensieri, idee e sentimenti.

AVVISI:

Consegna individuale di copia della lettera inviata dalla Presidente Nazionale.

Iniziative per l’adozione vocazionale.

Propagandare l’idea condivisa dal P.Generale di devolvere offerte per i defunti alla costruzione del Convento in India.

Proposte da realizzare come fraternità:

Un cd contenente la pratica del S.Rosario con riferimenti alla spiritualità minima.

Dopo la recita della preghiera conclusiva, l’incontro ha avuto termine alle 18.30.

RELAZIONE

Per S.Francesco Gesù è “Colui che dà a tutti la giusta ricompensa e augura che dia merito a tutti delle proprie fatiche”.

Questa certezza si può trovare in vari episodi della sua vita, fin dal momento della sua nascita.

Egli, infatti, nacque come ricompensa delle preghiere,dei digiuni e delle elemosine offerte al Signore dai suoi genitori ,perché non potevano avere figli. In vari miracoli compiuti per sua intercessione, si nota bene tutto ciò.

Alla regina di Bourbon, che si lamentava di non poter avere figli, S Francesco rispose “Signora non vi preoccupate di ciò, siate assidua a rendere grazia al RE dei Ree tra poco avrete prole” ;così avvenne(Anonimo)

Un terziario G.Spadafora nel suo libro “Un uomo vissuto per gli altri” lo definisce il miracolo più “difficile” e scrive che “il frate calabrese s’impegnò a fondo in quest’opera: umile e fiducioso nell’aiuto divino”.

Tutti sanno con quanto dolore lasciò la Calabria per andare in Francia alla corte di Luigi XI° e quanta fatica impiegò per arrivare alla conversione del re.

La figura di Gesù è tanto importante per S Francesco da rivolgersi sempre a LUI con la preghiera “Noi preghiamo sempre l’ETERNO PADRE e il FIGLIO suo GESU’CRISTO che vi aiutino sempre e vi guidino alla salvezza dell’anima e del corpo:

In queste frasi S Francesco mette in risalto l’efficacia della preghiera a Gesù Cristo.

Sappiamo l’importanza che per Lui ha avuto la preghiera, lo definiscono”FEDELE MESSAGGERO che porta il suo messaggio là dove non può arrivare lo come”(IV regola cap.VIII)

Nella IV regola ,ancora,si legge.”la pura e assidua orazione dei giusti è una grande forza”.

Con tale convinzione Egli riesce ad ottenere grandi favori dal Cielo, sia nella vita quotidiana, sia in circostanze importanti di vita storica del suo tempo.

Assalto dei turchi ad Otranto quando Egli con gran dolore, assistette all’invasione della sua amata Patria, si dedicò alla Preghiera insistente nell’isolamento della sua cella a stretto contatto con il suo DIO).

Vittoria di Carlo VIII° nel 1494 a Ferrara che dallo stesso re fu considerato come dono dal Cielo).

S.Francesco che aveva conosciuto, per divina ispirazione, quanto stava accadendo riunì i frati in preghiera per il buon esito della battaglia.

I biografi, affermano che” Egli abbia fatto della Preghiera l’unica costante occupazione della sua vita, solo le poche ore di sonno ne interrompevano il corso.

“Non lasciava passare neppure un momento in cui non avesse Dio davanti a suo spirito”.

Quando era intento nei lavori che sembravano incompatibili con la preghiera diceva

“Chi ben fa ben prega”(Roberti)

Dio era sempre nei suoi pensieri e cercava sempre di mettere al primo posto la salvezza dell’anima e poi del corpo al contrario di noi che ci preoccupiamo più del corpo.

S Francesco è chiamato in Francia per guarire Luigi xi, ma appena vi giunge si preoccupa della salute dell’anima, tanto che quando il re si convertì, morì.

Nonostante tutto ciò,opera tanti miracoli per intercessione di Gesù anche per la salute del corpo.

EGLI, per meglio entrare a contatto con Dio, c’invita a “PROGREDIRE DI BENE IN MEGLIO FINO ALLA FINE”.

“FATE FRUTTI DEGNI DI PENITENZA”, con quest’espressione S.Francesco ci dice ciò che è implicito nel cammino di conversione che non finisce mai.

Parte dalla vittoria sul peccato, sull’osservanza dei Comandamenti e si perde nello sforzo e nel desiderio mai appagato di raggiungere la perfezione del Padre.

EGLI, ci ricorda che dopo il mistero della SS Trinità, la nostra devozione deve rivolgersi al Verbo Incarnato e soprattutto alla sua Passione.

La conversione deve essere totale, deve abbracciare la mente,il cuore,tutta la nostra vita e dobbiamo ritenerci in stato di conversione.

Cost. 84: “Ci si abitui a leggere i segni dei tempi, attraverso i quali si scopre il disegno di Dio con gli occhi della fede,affinché,le necessità apostoliche rispondano alle esigenze di evangelizzazione e alle necessità degli uomini.

Pertanto, i singoli religiosi, le comunità e tutto l’Ordine si sentano sempre nelle condizioni di conversione, d’esodo, dirigendosi senza rimpianti a nostalgie del passato là dove Dio conduce”.

Nella sua vita, S.Francesco, riuscì ad ottenere in primo piano questa devozione, tanto da poter dire che “EGLI NON VOLLE ALTRO SE NON CONOSCERE,AMARE E VIVERE IN GESU’ CRISTO E GESU’CROCEFISSO”.

Dalla fanciullezza alla fine della sua vita, EGLI non fece altro che meditare ciò.

Ricordiamoci che è nato di venerdì.

“Egli attendeva all’orazione per tutta la notte, prostrato dinanzi a Gesù Crocefisso.

La grotta che s’era costruita nel podere di suo padre, aveva come unico arredamento un Crocefisso.

Sul suo bastone portava sempre una Croce(che si conserva nel convento di Corigliano).

Meditava la Passione di Gesù oltre che la domenica in tutti i giorni dell’anno.

Il venerdì d’ogni settimana si mortificava più aspramente, con veglie e austerità d’ogni genere, praticando il digiuno a pane e acqua.

In riverenza di Gesù Crocefisso istituì i 13 venerdì: “Per 13 venerdì consecutivi confessate le vostre colpe e ricevete la S. Comunione”(Anonimo)

E’ bene sottolineare che la Passione di Cristo esige tutta la nostra attenzione,poiché per Essa siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato originale e per Essa possiamo meritare il perdono dei nostri peccati.

S.Francesco sentiva nella sua anima i misteri dolorosi della vita di Gesù,le piaghe del Signore erano così impresse nel suo cuore da non allontanarne mai il ricordo, di ricevere grande profitto dalla meditazione della Passione e cercando di essere sempre più conforme a Cristo.

Egli riesce nel suo intento, poiché, tralasciando l’egoismo e allontanando i beni esterni si attacca profondamente a Gesù Crocefisso tanto da poter affermare come S.Paolo”NON SONO IO CHE VIVO, MA E’ CRISTO CHE VIVE IN ME”.

Egli, inoltre, ha voluto iniziare e finire nel nome del Crocefisso la Regola lasciata ai suoi seguaci.

Lo stile di vita penitente che ci ha lasciato, si accomuna al mistero della Croce.

Con la penitenza corporale ci avviciniamo a Cristo sofferente e con la conversione interiore partecipiamo alla Sua Pasqua.

Il momento finale della sua vita, pertanto, non poteva non essere conforme in tutto a quello di Cristo.

Le sue condizioni di salute si aggravano fino al giovedì santo,quando volee scendere comunque in chiesa per assistere alle sacre funzioni.

Il venerdì santo più o meno alla stessa ora che Gesù morì in Croce ,Egli dopo aver fatto il segno di Croce e avere ascoltato il racconto della Passione,morì.

Quando gli Ugonotti cercarono di bruciarne il corpo nel 1562,il fuoco non ardeva;solo quando buttarono su di Lui le Croci degli altari ,il fuoco arse e bruciò i resti del corpo.

Quel corpo era appartenuto ad uomo che aveva bruciato d’amore per Cristo.

Il mistero della Croce unito a quello della Resurrezione sono legati alla nostra salvezza,non ci sarà salvezza senza Croce.

Dobbiamo accettare il dolore con pazienza e rassegnazione, mai disperando della gioia futura in questa o nell’altra vita.

Il dolore dell’uomo anche il più assurdo, non è mai inutile e senza significato se è accettato come partecipazione al dolore e alle sofferenze di Cristo.

La fede ci apre il cuore alla speranza, alla vita, perché è legata indissolubilmente alla Resurrezione, che senza la morte di Cristo, non sarebbe mai stata Redenzione totale dell’uomo e pienezza di Vita Nuova.

1. Chi è Gesù per me?

2. Mi preoccupo della salute dell’anima?

3. Che importanza do ai 13 venerdì?

4. Come accolgo le prove della vita?

5. Accolgo la sofferenza? La unisco a quella di Cristo?

6. Mi rendo docile al disegno di Dio su di me?

Incontro del 20.02.2006

“La lode divina e la preghiera – Commento alla Regola, attraverso la lettura dei Comandamenti dal testo del Catechismo della Chiesa Cattolica”

di T. Di Cello

Alle ore 18.00 con la recita dei Vespri ha avuto inizio l’incontro settimanale di fraternità.

La delegata alla formazione Rita Vincenti ha proseguito il percorso meditativo della Regola: Cap.II°; La lode divina-la Preghiera.

Dopo aver dato lettura dei paragrafi 5 e 6 li ha approfonditi facendo riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica e al commento del libretto di P.DI MAIO.

S.Francesco di Paola nella sua Regola c’indica i tempi e i modi per pregare, per essere osservanti dell’invito evangelico:”CERCATE INNANZITUTTO IL REGNO DI DIO E LA SUA GIUSTIZIA, CON IL GUSTO DELLE REALTA’ CELESTI INNALZERETE A DIO CANTI DI LODE PER TUTTI I BENEFICI CHE VI HA ELARGITO”.

Tutti i momenti della nostra giornata sono propizi per la preghiera, non dobbiamo lasciarci condizionare dalle tante occupazioni e preoccupazioni che ci affliggono.

Bisogna superare la distrazione, l’aridità e l’accidia per non distoglierci dall’attenzione a Dio.

Pregare è sempre possibile, perché il tempo del cristiano è il tempo del Cristo Risorto che rimane con noi tutti i giorni(Matteo 28-20);perciò la preghiera e la vita cristiana sono inseparabili.

La Chiesa propone:

La preghiera del mattino e della sera,prima e dopo i pasti;

La liturgia delle Ore;

L’Eucaristia;

La recita del S.Rosario.

La preghiera è l’elevazione dell’anima a Dio.

“L’uomo è il mendicante di Dio”.

L’umiltà, la fiducia e la perseveranza sono le condizioni fondamentali per rivolgerci a Dio come veri figli.

“E’necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri”(S.Gregorio Nazianzeno)

I modi per vivere ed esprimere la preghiera sono: vocale, contemplativa, meditativa.

La preghiera vocale associa il corpo alla preghiera interiore del cuore, e deve sempre sgorgare da una fede personale.

La preghiera contemplativa è porre lo sguardo su Dio nel silenzio e nell’amore, è un dono di Dio, un momento di fede pura ,durante il quale si cerca Cristo e ci si rimette alla volontà amorosa del Padre, raccolti dall’azione dello Spirito Santo.

Santa Tersa d’Avila definisce la preghiera :”un intimo rapporto d’amicizia, nel quale ci s’intrattiene spesso da solo a solo con Dio da cui ci si sa amati “.

La preghiera meditativa (Lectio Divina) è una riflessione orante, che partendo dalla Parola di Dio mette in azione l’intelligenza, l’immaginazione, il desiderio, l’emozione per approfondire la nostra fede, convertire il nostro cuore e fortificare la nostra volontà di seguire Cristo.

San Giovanni Crisostomo afferma che “è possibile anche al mercato o durante una passeggiata solitaria fare una frequente e fervorosa preghiera; è possibile pure nel nostro negozio, sia mentre comperate che mentre vendete o anche mentre cucinate”.

Come terziari, pertanto, dobbiamo impegnarci ad essere più disponibili ad imparare a pregare con fede,aderendo sempre più a Dio con sentimenti filiali, aderendo al Suo disegno per noi e fare sempre e dovunque la Sua volontà.

E’ bene, quindi,partecipare alla lectio divina del mercoledì,alla recita dei Vespri giornalieri,alla S.Messa quotidiana,recitare il S.Rosario ,adorazione Eucaristica e avere a portata di mano la Bibbia.

La presidente informa:

5 marzo ritiro a Paola;

24 marzo convegno a Roma ci sono posti ancora disponibili in pulman;

Inizio lavori della costruzione del convento in India nel 2007;

Nel mese di luglio ci sarà la peregrinazione delle Reliquie nelle comunità;

Distribuzione calendario per gli impegni del mese di marzo.

Con la recita della preghiera a S.Francesco, l’incontro si è concluso alle 19.30.

Incontro del 27.02.2006

“Lettura della prima Enciclica di Papa Benedetto VI

ed apertura del tempo di Quaresima”

di T. Di Cello

Alle ore 18.00 con la recita dei Vespri si è dato inizio all’incontro settimanale di fraternità.

La presidente ha dato lettura della lettera per la Quaresima inviata,dal presidente provinciale Tonino Cariati ,alla fraternità.

Inoltre per quanto riguarda la partecipazione al convegno di Roma, ha informato che oltre al pulman che consentirà la partecipazione solo alla prima giornata del 24 marzo, la signora Ester sta organizzando una due giorni:23/24 marzo sempre in pulman.

Il padre assistente ha intrattenuto l’assemblea prima con alcuni accenni all’Enciclica di Papa Benedetto sollecitandoci alla lettura della stessa, e poi alla riflessione e ad essere osservanti dei proponimenti per vivere la Quaresima in modo adeguato ed efficiente.

Ha sollecitato alla partecipazione delle iniziative comunitarie che si svolgeranno nelle parrocchie:

La Via Crucis itinerante nei quartieri il martedì;

La Via Crucis nella chiesa Matrice il mercoledì;

Le quaranta ore;

La lectio divina il mercoledì alle ore 19.00.

Ci ha esortato a percorrere questo cammino non solo in modo personale e rituale ma osservando, anche, la dimensione comunitaria.

I proventi dei sacrifici, delle astinenze e dei digiuni devolverli generosamente verso chi ha bisogno.

“L’uomo vecchio deve morire dinanzi alla Croce il venerdì san per trasformarsi in uomo nuovo”

Vivere ,quindi,questa quaresima con atteggiamenti sobri e penitenti per “progredire di bene in meglio”.

Ha, inoltre, dato notizia del grande evento che con molta probabilità il 28 maggio, in occasione del novenario in onore di S.Francesco di Paola in parrocchia,per la prima volta, si svolgerà la giornata diocesana della gioventù,con la partecipazione di Mons.Riboldi.

Alle 19.15 con la preghiera finale e la benedizione, l’incontro si è concluso.

Incontro del 06.03.2006

“La Santa Messa è un segno (seconda parte)”

di T. Di Cello

Alle ore 18.00 con la recita della preghiera è stato dato inizio all’incontro di fraternità.

INFORMAZIONI:

La Presidente ha letto la lettera delle Monache Minime di Grottaferrata chiedendo preghiere per l’avventura in Saltillo (Messico) per una possibile nuova fondazione.

Ha letto, inoltre, la lettera di P.Morosini ove informa che per concludere l’affare di Tours bisogna aspettare la fine di marzo, poiché l’ospedale ,solo a fine gennaio ,ha informato della vendita, il sindaco di La Riche.

Il viaggio a Roma per il convegno ha subito delle modifiche, perché l’inaugurazione avverrà alle 16.00, quindi, la partenza è prevista per il 24 mattina con rientro 25 sera, gli interessati possono rivolgersi alla signora Ester.

Il 31-03-06 alle ore 19.00 presso la chiesa del Carmine, organizzata dalla diocesi, si terrà la catechesi quaresimale sull’Enciclica Deus Caritas Est.

Il padre Assistente ha ripreso la tematica della S.Messa.

Alla Messa, convito di Cristo, occorre rispetto delle cose che LUI esige.

Ci sono norme esteriori da osservare e cose interiori a cui dare molto rilievo.

La cosa più importante è avere il cuore pieno di gratitudine, rendendoci conto che la Messa è Eucaristia, in altre parole ringraziamento.

Cristo ci viene incontro dandosi a noi per fonderci con LUI e porgere al Padre il ringraziamento di tutti gli uomini per la Redenzione.

Cristo ci dà la possibilità di esprimere con LUI, per LUI e in LUI, il nostro atto d’amore al Padre e l’impegno che vivremo per la Sua Gloria, lo porteremo nel mondo, amando i fratelli col cuore di Cristo.

La Messa è un “segno”.

L’uomo per comunicare ed esprimersi ha bisogno di segni: parole, gesti, oggetti.

Anche la Messa è un segno,attraverso il quale il cristiano esprime a Dio,a se stesso e ai fratelli qualcosa di intimo.

Il segno deve avere un contenuto di verità e di sincerità.

La Messa è un segno di comunione con Cristo e attraverso Lui col Padre.

· Comunione con la Sua Parola(liturgia della Parola) ascoltando,accogliendo comunicando con Lui.

· Comunione con la sua Persona(liturgia Eucaristica) esprimendo l’adesione a Lui, con il pane e il vino, il legame alla Sua vita e, quindi, l’ingresso nella nostra vita: Bevo il Suo sangue, mangio la Sua carne, è il segno più forte della liturgia.

· Comunione con i fratelli, è la più scomoda, la più impegnativa.

La Comunione Eucaristica dura pochi minuti, ma quella con i fratelli deve seguire fuori della chiesa, in ogni azione che si compie.

La carità non deve mai venir meno dopo la Messa, perché è questo l’impegno preciso che si è assunto davanti a Dio, comunicando con Cristo.

La condizione essenziale del segno è la sincerità, è il contenuto di verità che possiede:

a) Se la Messa è comunione con la Parola di Cristo non è sufficiente ascoltarla. Chi ascolta e non accoglie, svuota il segno del suo contenuto. Chi accoglie e non assimila, defrauda il segno.

b) Se la Messa è comunione con la Persona di Cristo ci si deve calare nei Suoi pensieri,nei Suoi gusti e nella Sua mentalità.

“Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”.

c) Se la Messa è comunione con i fratelli si deve rompere con l’egoismo e avvicinarsi di più a loro, per condividerne gioie,dolori,bisogni, pene.

La Messa non è solo un segno ,è tutto un linguaggio di segni.

La Messa consegnata da Cristo alla Chiesa, come segno di comunione con Lui, è diventata lungo i secoli “un intreccio meraviglioso di segni,come l’intreccio di mille fili, di un artistico ricamo”.

Ogni epoca ha lasciato le sue tracce in questo “lavoro”, condizionato dal fervore religioso e dal pensiero teologico del tempo.

Questo “lavoro”d’abbellimento e approfondimento è continuo, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II° e la conseguente riforma liturgica.

Il luogo della celebrazione è un segno, una navata che converge ad un centro, il presbiterio, il presbiterio che converge ad un centro, l’altare.

La navata è per tutti, il che significa che tutti siamo uguali davanti a Dio e che tutti uniti formiamo il popolo di Dio.

Il presbiterio è per il presbitero, l’uomo da noi delegato a rappresentarci dinanzi a Dio.

Tutti insieme siamo ordinati all’altare,cioè a Cristo:è Cristo il centro della Messa.

L’altare è un segno:

· C’è una pietra: significa che ci sarà un sacrificio;

· c’è una tovaglia con del cibo:pane , vino,acqua,segni di un convito sacro;

· Ci sono fiori, luci, canti, musica: segni che la Messa è festa.

Ogni gesto del popolo e del sacerdote è un segno.

Il popolo si alza alla proclamazione del Vangelo: è segno che la Parola non è una Parola qualunque.

Il sacerdote prima del Vangelo si segna la fronte,le labbra,il cuore per significare che la Parola di Dio ha bisogno di una mente pura, di una bocca pura,di un cuore puro, perché sia accolta e poi comunicata.

Il sacerdote apre le braccia prima della preghiera: porta nelle sue mani le speranze e le implorazioni di tutti, a Dio.

Il sacerdote dopo la Consacrazione allarga le braccia come Cristo in Croce: in quel momento fa il Memoriale, il ricordo della Vittima della Croce e fa con la Chiesa l’offerta della Vittima Divina, al Padre.

Prima della Comunione tutti sono invitati ad un segno di fratellanza, e subito dopo, il sacerdote spezza il pane: per dire a sé e agli altri che la realtà della Messa sta lì, spezzarsi, sacrificarsi per i fratelli.

La Messa ,quindi,è tutto un intreccio di segni; ciò comporta:

· Saperli leggere

· Adeguarsi interiormente ad essi

La prima condizione è capire: perché riunirsi;

Perché alzarsi in piedi alla Parola di Dio;

Perché la Comunione col Corpo e il Sangue di Cristo è un giuramento di fedeltà al Padre ,è un’alleanza;

Il segno di pace è l’impegno ad accorgersi degli altri, a dividere le lotte, i bisogni, i dolori, le gioie, le pene dei fratelli.

“Se non si capiscono i segni si è come un analfabeta al quale si chiede di leggere,ma come fa a leggere se è analfabeta?”

La seconda condizione è adeguarsi interiormente ai segni conosciuti, essere sinceri ed onesti nel praticarli.

L’invito forte che il P.Assistente ha rivolto alla fraternità è stato di vivere bene e profondamente la Messa, per essere di stimolo e testimoni credibili per gli altri.

Con la recita della preghiera di ringraziamento l’incontro si è concluso alle 19.30.