Formazione 2008-2009

Incontro del 22 giugno

Inizia l’incontro, come di consueto, con la recita dei Vespri.
L’argomento previsto per questa sera, viene rimandato a richiesta di alcuni presenti per approfondire la tematica dell’incontro precedente ed in particolare: “La chiesa Comunione” ….. Il fedele laico non deve chiudersi in se stesso ma deve vivere in comunione con gli altri, con vivo senso di fraternità…..
Nello specifico si è cercato di capire qual’è, e quale invece deve essere il comportamento dei laici rispetto all’integrazione e all’inserimento degli stranieri nel nostro paese.
La delegata alla formazione esprime preoccupazione per le nuove norme adottate nei confronti degli immigrati e dei rifugiati che rischiano di violare i fondamentali diritti umani.
Bisogna tenere presente che molto spesso, si tratta di povera gente che cerca di fuggire dalla povertà, dall’ingiustizia e da una condizione di miseria insopportabile.
Ci rendiamo conto che l’argomento è molto complesso e non sempre sappiamo comportarci nei confronti dei nostri fratelli immigrati così come Gesù ci chiede.
Dopo una serie di vari interventi l’incontro si chiude con la preghiera.

Maria Piera Liparota

Incontro del 15 giugno

Dopo la consueta recita dei Vespri, la delegata alla formazione, Rita Vincenti, riprende a trattare sui Documenti della Chiesa, in particolare la  “Christifideles laici” n°140, e sviluppa le seguenti tematiche: “I fedeli laici e l’indole secolare. Chiamati alla Santità. Il mistero della Chiesa – Comunione”.

Paolo VI diceva che: ” la Chiesa ha un’autentica dimensione secolare, inerente alla sua intima natura e missione, la cui radice affonda nel mistero del Verbo Incarnato, e si realizza in forme diverse per i suoi membri”. Certamente tutti i membri della chiesa sono partecipi della sua dimensione secolare. I fedeli laici sono i corresponsabili, insieme con i ministri ordinari e con i religiosi e le religiose, della missione della chiesa La chiesa vive nel mondo, ma non è del mondo ed è mandata a continuare l’opera redentrice di Gesù Cristo.

Il Concilio Vaticano II descrive la condizione secolare dei fedeli laici, indicandola come il “luogo” nel quale viene loro rivolta la chiamata di Dio. Si tratta di un “luogo” presentato in termini dinamici: essi, infatti, vivono nel secolo, e sono  implicati in tutte quelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro vita è intessuta: studiano, lavorano, stabiliscono rapporti amicali, sociali, professionali e culturali.

Il Concilio considera la loro condizione, come una realtà destinata a trovare in Gesù Cristo la pienezza del suo significato e afferma che, lo stesso Verbo Incarnato, volle essere partecipe della convivenza umana conducendo la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione.

Il mondo diventa così l’ambito ed il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli laici, i quali sono chiamati da Dio a contribuire alla santificazione del mondo, a rendere visibile Cristo agli altri, con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della speranza e della carità.

Le immagini evangeliche del “sale”, della “luce” e del “lievito”, pur riguardando i discepoli di Gesù, devono trovare una specifica applicazione ai fedeli laici.

La prima e fondamentale vocazione che il Padre, in Gesù Cristo e, per mezzo dello Spirito Santo, rivolge a ciascuno dei fedeli laici è: “la vocazione alla Santità”, ossia la perfezione della carità.

La vocazione alla Santità affonda le radici nel Battesimo e viene riproposta dagli altri Sacramenti, principalmente dall’Eucarestia: “Rivestiti di Gesù Cristo e abbeverati dal suo Spirito”, i cristiani sono “santi”, impegnati, cioè, a manifestare la santità del loro essere nella santità di tutto il loro operare.

In un passo evangelico S. Paolo dice che il vero cristiano non deve conformarsi agli altri, ma deve essere diverso, deve rendere visibile Cristo agli altri, con la testimonianza della propria vita.

La vita secondo lo Spirito, il cui frutto è la santificazione, esige da ciascun battezzato la sequela e l’imitazione di Gesù Cristo, nell’accoglienza delle sue Beatitudini, nell’ascolto della Parola di Dio, nella partecipazione attiva alla vita liturgica e sacramentale della chiesa, nella preghiera individuale, familiare e comunitaria, nella pratica del comandamento dell’amore, nel servizio ai fratelli, specialmente se piccoli, poveri e sofferenti..tutto questo ci viene anche raccomandato da San Francesco nella Regola(cap1, pag. 8; Cap.2, pag.9) e nelle Costituzioni(cap.2,pagg.28 e 29).

Con le parole di Gesù: “Io sono la vera vite  e il Padre mio è il vignaiolo(…)”. <Rimanete in me e io in voi> (Gv 15, 1-4), ci viene rivelata la comunione misteriosa che vincola in unità il Signore e i suoi discepoli, Cristo e i battezzati; quindi i cristiani non appartengono a se stessi, ma sono proprietà di Cristo, come i tralci inseriti nella vite. Dalla comunione dei cristiani con Cristo scaturisce la comunione dei cristiani tra di loro:tutti sono tralcidell’unica vite, che è Cristo. Per questa comunione Gesù prega: “Tutti siamo una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una sola cosa,perché il mondo creda che tu mi hai mandato”(Gv17,21). La Chiesa universale si presenta come un “popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

La Chiesa Comunione è il popolo nuovo, messianico, che “ha per Capo Cristo, per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati, per fine il Regno di Dio ed è costituito da Cristo in una comunione di vita, di carità e di verità.

Il fedele laico non deve chiudersi in se stesso, isolandosi spiritualmente dalla comunità, ma deve vivere in un continuo scambio con gli altri, con vivo senso di fraternità.

Seguono una serie di interventi e di confronti su quanto ascoltato, da parte di alcuni confratelli e, a conclusione, dal Padre Assistente che, con un linguaggio molto chiaro e con esempi evangelici, ci fa riflettere sull’importanza di essere cristiani e anche su quanto è difficile comportarsi tali.

A conclusione si recita la preghiera.

Elisabetta Mercuri

Incontro dell’8 giugno

Subito dopo la recita comunitaria dei Vespri, fa ingresso il nuovo Padre Assistente della nostra Fraternità, Padre Aldo Imbrogno, il quale saluta tutti e comunica la sua gioia per l’incarico affidatogli. Questa è per lui la sua prima esperienza ufficiale, poiché in Messico ha guidato la fraternità, ma in sostituzione di un altro sacerdote. Augura a tutti una esperienza di crescita e di condivisione insieme. Crescere insieme significa accettarsi, conoscersi e stimarsi, ognuno con pregi e difetti; questo deve essere lo spirito di Fraternità e, con questa realtà possiamo essere anche minimi… e figli di San Francesco.

La consorella Tilde Gaetano inizia, subito dopo, a trattare il capitolo V della Regola: “Digiuno, astinenza e opere di misericordia”.

I tre punti cardini della spiritualità minima sono: Preghiera, Penitenza e Carità.

Abbiamo parlato, esaminando gli altri capitoli, del primato di Dio, dell’obbligo della conversione, della preghiera, del distacco dal mondo ed oggi siamo invitati a riflettere sul digiuno, astinenza e opere di misericordia che rientrano nella penitenza, la quale sfocia nella carità.

Il Santo della Penitenza, che ha scelto per se e per i suoi figli il voto della vita quaresimale, era nato in una famiglia molto religiosa e molto timorata di Dio; la sua stessa nascita avviene per miracolo di Dio. Nell’Anonimo leggiamo, a proposito dei genitori: “Benché fossero semplici secolari, vivevano tuttavia da religiosi.

Infatti, dopo essere stati per lungo tempo senza figli imploravano spesso l’aiuto di Dio e del Santo di Assisi, pregando con insistenza e con lacrime piene di devozione, facendo generose elemosine e lunghi digiuni per l’amore di Dio, affinché si degnasse di mandare loro prole”. Ma dietro l’esempio di S. Paolo, si studiavano di sottomettere la carne allo spirito con digiuni, veglie e astinenze. Giacomo poi si percuoteva ogni notte con funicelle nodose dinanzi alle chiese che sorgevano fuori dalla città di Paola e che egli visitava di notte. Non mangiava frutta. Il Signore li esaudì.

Nato in questa famiglia, con tali esempi di virtù e di fede San Francesco imparò dai genitori ad affrontare il sacrificio, il lavoro, la contrarietà ed i mali della vita e ad illuminare, ogni situazione, con la luce della fede.
La vita quaresimale, pertanto, è il punto cardine della spiritualità minima ed è indicata come via necessaria alla conversione. Con i suoi digiuni, con l’astinenza dalle carni e dai suoi derivati, con la povertà e con ogni altra specie di mortificazione,  il nostro Santo fondatore ha vissuto la vita quaresimale perpetua, ma non come pratica fine a se stessa, ma nel contesto di una visione globale della vita, il cui obiettivo primario è quello di favorire la ricerca di Dio.  Questa ascesi è una importante componente della spiritualità minima (pag. 11 dell’Anonimo).

Nella nostra Regola l’ascesi, che consiste nei digiuni e nell’astinenza, ha due scopi: Il primo è quello di favorire un cammino di conversione e di liberazione attraverso la vita quaresimale che ha come fine il distacco dal mondo e la scelta di Dio (Reg. pag.13).

Il secondo aspetto dell’ascesi è quello della manifestazione dell’amore di Dio, cioè le opere di astinenza sono un segno di amore verso Dio. Notiamo che il richiamo a Cristo, come punto di riferimento, è più volte espresso nella Regola.

Il terzo aspetto del digiuno, vissuto concretamente da San Francesco, è quello che consente di avere un rapporto riconciliato con le cose. L’astinenza non è un atto di debolezza, ma è un atto di fortezza nei con fronti delle cose e ciò consente di avere un profondo rispetto per la natura. I disastri ecologici, lo scempio della natura sono frutto della violenza sulle cose  e l’uomo così si ritrova schiavo. Astenendoci da qualcosa, noi riaffermiamo la nostra sovranità sulle cose, ci sentiamo liberi e padroni del mondo in sintonia col comando di Dio “Dominate la terra” San Francesco, tenero  e comprensivo con tutte le persone, mette una clausola per le partorienti, le donne in stato di gravidanza e per tutte le persone in difficoltà . Da qui emerge l’amore per la vita e per il corpo che custodisce la nostra anima. Dalla  Regola: “Inoltre voi tutti, secondo le vostre possibilità,compirete le pie opere di misericordia a favore dei poveri, degli orfani, delle vedove e degli invalidi”. Non avrebbe senso una conversione a Dio, se non fosse anche apertura amorosa ai fratelli. Che senso avrebbe il digiuno fine a se stesso, se fosse solo per motivi di igiene e di dieta? Si esige da noi minimi una austerità che possa consentire un atteggiamento riconciliato con le persone e che ci possa far realizzare un rapporto di comunione e di servizio con i fratelli. Componente essenziale della spiritualità quaresimale è la mitezza e l’affabilità nei rapporti reciproci.

Il digiuno deve essere totale, deve essere una molla di vita, come affermava il Papa Giovanni Paolo II nel messaggio mandato per il V centenario dell’approvazione della Regola: “Non lasciatevi tentare da una situazione del mondo che non  sempre accetta la penitenza come molla di vita. Oggi, parlare di penitenza è difficile, ma non dobbiamo desistere dall’annunciare il messaggio di San Francesco.

Esso costituisce una forza per la ricerca di equilibri personali, sociali e politici che ci potranno dare la felicità.

Dopo alcuni interventi e riflessioni personali, con la preghiera termina l’incontro.

Elisabetta Mercuri

Incontro del 18 maggio

L’incontro, come di consueto, inizia con la recita comunitaria dei Vespri.
L’argomento previsto per questa sera, sulla Regola, viene rimandato per affrontare e chiarire alcune problematiche sorte in questo ultimo periodo nella nostra Fraternità e, delle quali, alcuni terziari chiedono chiarimenti.
A conclusione il Presidente informa la Fraternità che gli incontri riprenderanno lunedì 8 Giugno, dopo i festeggiamenti di San Francesco e invita tutti i confratelli a partecipare al novenario del Santo.
Con la preghiera termina l’incontro.

Elisabetta Mercuri

Incontro dell’11 maggio

Dopo la consueta recita dei Vespri, è la delegata alla formazione, Rita Vincenti, che presiede l’incontro per trattare la seconda fase della scheda in riferimento al percorso formativo e spirituale delle fraternità e dei singoli terziari: “Quale figura di laico minimo nella chiesa e nel mondo?”. Per affrontare e approfondire al meglio la tematica in questione la consorella fa riferimento ai fondamenti biblici e ai documenti della chiesa proposti dalla stessa scheda. In particolare cita la “CHRISTIFIDELES LAICI – 140”. Col nome di laici si intendono tutti quei fedeli (ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito dalla chiesa) che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti Popolo di Dio e resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono la missione propria di tutto il popolo cristiano nella chiesa e nel mondo (Lumen Gentium). Per noi terziari è fondamentale riscoprire il ruolo dei laici nella chiesa. Secondo il Sinodo dei Vescovi del 1987 e il Vangelo di Matteo (Mt20, 1-2) i fedeli laici appartengono a quel popolo di Dio che è raffigurato dagli operai della vigna. La parabola evangelica ci fa conoscere proprio l’immensa vigna del Signore e la moltitudine di persone, che da Lui sono chiamate e mandate perché in essa abbiano a lavorare. La vigna è il mondo intero che deve essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell’avvento definitivo del regno di Dio. L’appello del Signore Gesù: “Andate anche voi nella mia vigna”, è rivolto ad ogni uomo di questo mondo. La chiamata non riguarda soltanto i religiosi, ma si estende a tutti i fedeli laici, perché appartengono al popolo di Dio e, in quanto tali sono chiamati dal Signore e dal quale ricevono una missione per la Chiesa e per il mondo. S Gregorio Magno, predicando al popolo, commenta: “Guardate al vostro modo di vivere, fratelli carissimi, e verificate se siete già operai dl Signore. Ciascuno valuti quello che fa e consideri se lavora nella vigna del Signore”. I Padri conciliari, riecheggiando l’appello di Cristo, hanno chiamato tutti i fedeli laici, uomini e donne, a lavorare nella sua vigna a rispondere con animo generoso e con cuore pronto alla voce di Cristo e all’impulso di dello Spirito Santo, a prendere parte viva, consapevole e responsabile alla missione della Chiesa; non è lecito a nessuno rimanere in ozio. Non c’è posto per l’ozio, poiché è tanto il lavoro che attende tutti nella vigna del Signore. Tutti noi cristiani, mediante la fede e i sacramenti dell’iniziazione cristiana siamo configurati a Gesù Cristo, come membri vivi nella chiesa e soggetti attivi della sua missione di salvezza. Il popolo di Dio deve impegnarsi a saper discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza di Dio, essere quindi come i discepoli di Gesù, sale della terra e luce del mondo. Oggi l’uomo è inebriato dalle prodigiose conquiste dell’inarrestabile sviluppo scientifico- tecnico e soprattutto è affascinato dalla più antica e sempre nuova tentazione, quella di voler diventare come Dio mediante l’uso di una libertà senza limiti; l’uomo taglia le radici religiose che sono nel suo cuore: dimentica Dio, Lo rifiuta ponendosi in adorazione dei più diversi “idoli”. L’immagine della vigna viene usata dalla Bibbia in molti modi e con diversi significati; i fedeli laici non sono solo gli operai che lavorano nella vigna, ma sono parte della vigna stessa: “Io sono la vite, voi i tralci” dice Gesù. L’evangelista Giovanni ci invita a scendere in profondità e ci introduce a scoprire il mistero della vigna: essa è il simbolo e la figura non solo del popolo di Dio, ma di Gesù stesso. Lui è il ceppo, la vera vite, nella quale sono vitalmente inseriti i tralci, noi discepoli. Cristo è la vera vite perché dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della chiesa rimaniamo in Lui, e senza di Lui nulla possiamo fare. La chiesa, dunque, è la vigna evangelica. I fedeli laici sono tralci radicati in Cristo, la vera vite, da Lui resi vivi e vivificanti. E’ con il santo Battesimo diventiamo figli di Dio nell’Unigenito suo figlio, Cristo Gesù. E’ lo Spirito Santo che costituisce i battezzati in figli di Dio e nello stesso tempo membra del corpo di Cristo. L’apostolo Pietro definisce i battezzati come pietre vive fondate su Cristo; il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce. I fedeli laici partecipano al triplice ufficio: sacerdotale, profetico e regale di Gesù Cristo. Ufficio sacerdotale – Gesù ha offerto se stesso sulla croce e si offre continuamente nella celebrazione eucaristica. Incorporati a Lui i battezzati sono uniti a lui e al suo sacrificio nell’offerta di se stessi e di tutte le loro attività. Ufficio profetico: Gesù, con la testimonianza della vita e con la virtù della parola, ha proclamato il Regno del Padre, pertanto i fedeli laici sono abilitati ed impegnati ad accogliere nella fede il Vangelo e ad annunciarlo con la parola e con le opere. Ufficio regale: Per la loro appartenenza a Cristo Signore e re dell’universo i fedeli laici partecipano al suo ufficio regale e sono da Lui chiamati al servizio del regno di Dio e alla sua diffusione.

Conclusione: Con il Battesimo tutti siamo chiamati a collaborare, diventare fratelli adottivi; come terziari il nostro dovere è di operare e crescere: con la formazione, la frequenza e l’impegno.

Con la preghiera termina l’incontro.

Elisabetta Mercuri

Incontro del 4 maggio

La recita comunitaria dei Vespri questa sera è guidata dal Superiore della nostra Comunità: Padre Antonio Bonacci.
Dopo la preghiera, il Superiore saluta la Fraternità e spiega che in attesa del nuovo Padre Assistente sarà lui a presiedere gli incontri di Formazione e tutte le attività inerenti al T.O.M.
Seguono poi una serie di informazioni sulle attività della Parrocchia in questo mese di Maggio e sulla prossima festa del nostro Santo Patrono.
Venerdì 8 Maggio, alle 18,30, il T.O.M. è invitato ad animare la Santa Messa della Diocesi di Lamezia Terme in onore alla Statua della Madonna di Visora, attualmente presente in Cattedrale; mentre sabato 9 Maggio saranno presenti tutti i gruppi della Comunità.
Il presidente comunica poi l’avvenuta elezione della nuova Presidente Nazionale: Gabriella Tomai e dei membri del Consiglio stesso:
Franco Romeo, Antonietta Saccottelli, Antonio Cariati, Teresa Paonessa, Giuseppina Funaro, Franca Avolio.
Venerdì 15 Maggio la fraternità di Pizzo, in onore della festa di San Francesco che si svolge nella loro città, invita tutte le Fraternità a partecipare alla celebrazione della Santa Messa. Tutti coloro che vorranno partecipare possono rivolgersi al Presidente: Tonino Mamertino.
Con la preghiera termina l’incontro.

Elisabetta Mercuri

Incontro del 27 aprile

Dopo la recita comunitaria dei Vespri la Consorella Tilde Gaetano commenta il quarto capitolo della Regola del T.O.M.: “Rinuncia alle vanità del mondo”.
In questo capitolo, San Francesco ci lascia un grande testamento spirituale, ci esorta a fuggire le vanità del mondo e ci indica i vari divieti che noi terziari dobbiamo tener presenti una volta che abbiamo deciso di metterci alla sua sequela.
Il Primo e il Secondo Ordine, avendo fatto una scelta radicale, possono operare questo distacco dal mondo; per il Terz’Ordine, che vive nel mondo, questa rinuncia è espressa in termini di amicizia e inimicizia con Dio. “Chi vorrà essere amico di questo mondo diverrà nemico di Dio”.Non possiamo negare che San Francesco, figlio del suo tempo, adoperi un linguaggio negativo, ma la rinuncia non è disprezzo del mondo, i contenuti della sua proposta sono positivi e ricalcano il rapporto tra uomo e mondo, espresso nel Vangelo.
Non disprezzo dunque del mondo, ma scelta di Dio e il distacco dalle cose del mondo è conseguenza di una ricerca dell’amore di Dio.
Il mondo da cui separarci non è quel mondo in cui viviamo e dobbiamo operare. Il mondo da cui dobbiamo fuggire è la dimensione del peccato che ci fa interpretare la vita in maniera difforme dal progetto di Dio. San Francesco con la sua esperienza di vita nella “grotta” è per noi un segno che ci invita a scelte radicali se vogliamo essere suoi imitatori e camminare sulla strada del Vangelo che giuriamo di seguire.
Il terziario minimo non deve seguire le pubbliche ed effimere mondanità, non deve prendere e assorbire ciò che c’è di negativo in questo mondo, ma deve stabilire un proprio equilibrio interiore con il raccoglimento e con il silenzio.
Il distacco dal mondo implica anche una mentalità di pace e riconciliazione per cui il terziario è esortato a non portare armi offensive ad operare con carità evitando ingiustizie e maldicenze (si uccide anche con le parole).
Le armi danno un senso di potenza e di sicurezza che sono l’espressione più deteriore della vanità di questo mondo.
Il peccato inoltre ci rende schiavi delle cose e ci toglie la capacità di dominare il mondo. Il distacco dal mondo è il distacco dalle cose
Il terziario minimo, inoltre , vivendo nel mondo deve lottare per il suo miglioramento ed il suo progresso, ma deve stare lontano dalla logica dell’arrivismo, dal successo ad ogni costo, dalla sopraffazione. Tutte queste cose che ci permettono di liberare lo Spirito che invece deve tendere a Dio. Siccome noi prepariamo la vita eterna durante il nostro soggiorno in questo mondo è ora di passare:
dalla cultura dello spreco alla cultura del risparmio;
dalla cultura del consumo alla cultura del sufficiente; dalla cultura dell’avere alla cultura dell’essere;
dalla cultura del potere alla cultura del servizio;
dalla cultura della sicurezza di sé alla cultura dell’abbandono di Dio;
dalla cultura dello scempio alla cultura del rispetto della natura.
Solo la vita quaresimale e l’ascesi possono consentire tali passaggi.

Con la preghiera termina l’incontro.

Elisabetta Mercuri

Incontro del 20 aprile

Alle ore 19,00, dopo la consueta preghiera comunitaria, la consorella Tilde Gaetano espone il III Capitolo della Regola riguardante l’esperienza contemplativa di Dio, nei Sacramenti della Confessione e della Comunione.
Confessarsi e Comunicarsi significa purificare, pulire e abbellire la propria coscienza e, tali Sacramenti vengono indicati, nella Regola, come “fiori di virtù”.
La Riconciliazione è un aspetto importante e rilevante della spiritualità quaresimale a cui San Francesco ha dato grande spazio nella sua vita. Riconciliarsi vuol dire riaprire un rapporto di amore con tutto ciò che costituisce “l’altro” della mia vita: Dio, le persone e le cose.
Per attuare praticamente la riconciliazione nel nostro ambiente, la fraternità e ogni singolo terziario dovrebbe assumersi degli impegni concreti; in primo luogo è necessaria la conversione degli atteggiamenti di vita, cioè conoscere, studiare l’ambiente in cui viviamo evidenziandone i problemi e cercando di dare ad essi una soluzione.
Un altro impegno è quello di vivere come momenti di grazia il sacramento della Confessione che deve essere vissuto come momento di “grazia”, pensando che in quel momento Dio ci ama particolarmente e tenendo presente che ci conosce; conosce il nostro cuore e ciò che possiamo nascondere agli altri, non potremo mai nasconderlo a Lui. Per attuare la Riconciliazione Fraterna ognuno deve essere apostolo di pace tra i fratelli condizionati dall’odio e dall’inimicizia.
La Regola ci indica l’astinenza e il digiuno come segno della nostra riconciliazione con le cose, come distacco dalle cose, ricordando che noi siamo “come forestieri e pellegrini in questo mondo a servizio del Signore”. (Rapporto che aveva San Francesco con la natura).
San Francesco conosceva il cuore degli uomini e prima di operare miracoli, invitava le persone a pulire la propria coscienza, (come si evidenzia dai vari processsi per la sua canonizzazione).
Il Sacramento della confessione come via inevitabile, non solo per la salvezza dell’anima, ma anche come premessa indispensabile per incamminarsi sulla buona via.
La gloria del Paradiso l’avremo nell’aldilà, solo se l’avremo preparata durante la vita. La strada della santità è aperta a tutti ed il terziario sull’esempio di San Francesco e nel rispetto della Regola, deve avere Cristo come modello.
L’assiduità alla vita sacramentale, oltre ad essere la via per incamminarsi sulla via del bene, costituisce anche concretamente l’impronta missionaria del cristiano laico che diventa lievito efficace del Vangelo. San Francesco per quanto riguarda l’Eucarestia ci ricorda che “essa” è celebrazione della vita; Lui ha vissuto per intero il mistero di Cristo, quindi il mistero di morte e di resurrezione, di cui viene fatta memoria nella celebrazione dell’Eucarestia e la luce della Pasqua ha illuminato il cammino penitenziale che indica ai suoi figli.
Senza questa luce la sua proposta quaresimale non avrebbe senso. San Francesco ci ricorda, ancora, che la passione di Cristo è la celebrazione della vita e ad essa si giunge con l’accettazione della conversione, della purificazione, del cambiamento.
Nell’Eucarestia il sacrificio di Cristo diviene sacrificio delle membra del suo corpo. La vita dei fedeli, il loro lavoro, la loro lode, loro preghiera sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale ed in questo modo acquistiamo un valore nuovo.
Questa coralità si esprime nel convito eucaristico, la comunione con Cristo è comunione con i fratelli; l’assemblea domenicale è evento di Fraternità.
Ricevendo il “pane della vita” ci disponiamo ad affontare, con la forza del Risorto, i compiti che ci attendono nella vita ordinaria; non può esaurirsi tutto nel Tempio, siamo chiamati a farci evangelizzatori e testimoni.
Alle ore 20,00 termina l’incontro.

di Elisabetta Mercuri

Incontro del 9 marzo

VERBALE DI FORMAZIONE:DATA : 09/03/2009

Alle ore 19, come di consuetudine, la recita comunitaria dei Vespri alla presenza del nostro Padre Assistente che, dietro lettura e meditazione del passo del Vangelo Luca : 6,36-38- ci ha incoraggiati a vivere tra di noi la grazia della misericordia e del perdono, favorendo quindi in un clima di perfetta unione, la crescita spirituale della famiglia T.O.M. La delegata alla formazione Rita Vincenti, prima di sviluppare la tematica della giornata, ha stimolato la fraternità a leggere e meditare la lettura scritta dal nostro Padre Generale in occasione della Quaresima; la Liturgia infatti, ci presenta la Quaresima come ” tempo propizio “- “tempo di “grazia” nel quale come singoli, ma maggiormente come comunità, siamo chiamati a mettere ordine nelle nostre cose per il raggiungimento di una concreta conversione. La delegata alla formazione, accogliendo poi la richiesta del consiglio nazionale di avere dei suggerimenti delle proposte dalle stesse singole fraternità circa le tematiche da trattare nel nuovo programma formativo, ha proposto a noi il tema dell’accoglienza che sembra oggi non esserci più. Qualcuno dei presenti ha condiviso pienamente l’esigenza di maturare nell’accoglienza perché saper vedere nell’altro Gesù Cristo, accogliendolo e rispettandolo così come egli è, è il presupposto indispensabile per vivere in comunione e poter crescere insieme nella fede; un’altra consorella ha avvertito invece l’esigenza di una maggiore formazione nel discernimento del peccato, perché magari siamo preparati teoricamente, ma nella pratica viviamo spesso uno stato di confusione. Ed eccoci al tema della riunione: La figura del Laico nella Chiesa. Chi sono i Laici? Quale il loro ruolo? Con il Concilio Vaticano II, i laici sono riconosciuti dal Clero, indispensabili, determinanti nel ruolo di missionari età della Chiesa nel mondo. Negli stessi documenti della Chiesa tratti dal Concilio Vaticano II-ved. Lumen Gentium art.31-32- col nome di laici si intende l’insieme dei cristiani ad esclusione dei membri dell’Ordine Sacro e dello Stato religioso sancito nella Chiesa che,incorporati a Cristo con il Battesimo e costituiti popolo di Dio, riconfermati poi con la Cresima, grazie a questi doni ricevuti, sono resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo e compiono nella Chiesa e nel mondo la missione propria di tutto il popolo cristiano. I laici infatti, sono dei secolari, ossia persone che hanno nel mondo impegni di famiglia, lavoro, sociali; vivendo essi stessi questi impegni temporali secondo Dio, rinvigoriti continuamente dall’assiduità ai Sacramenti, specialmente alla Sacra Eucarestia, con il fulgore della loro fede, della speranza e della carità verso gli altri, riescono a manifestare Cristo nell’ambiente in cui vivono, diventando sale che dà sapore al vivere sociale e luce che illumina il mondo riportandolo a Dio. Ved (Matteo:4,13-16). Il laico è quindi vivo strumento della Chiesa per realizzare il regno di Dio sulla terra, contribuendo alla sua crescita come il granello di senape e svolgendo il suo apostolato dal di dentro, come il lievito che fa fermentare la massa. Ved.(Matteo:13,31-33). Tutti nella Chiesa (sia Sacri Ministri che il resto del popolo di Dio), in questa missione salvifica hanno la stessa dignità; tutti sono chiamati alla santità, nell’intento comune di edificare il Corpo di Cristo, anche se per vie diverse, collaborando gli uni con gli altri in perfetta unione, come membra vive di uno stesso corpo in Cristo. Oltre all’Apostolato individuale svolto dai fedeli singolarmente nelle diverse condizioni della loro vita, ha grande importanza l’Apostolato organizzato, ossia associazione erette per un’attività apostolica in comune, come il T.O.M, ai fini di un maggiore sostegno ai propri membri, sia come guida-formazione, sia come organizzazione, sperando in frutti molto più abbondanti rispetto ai singoli operanti separatamente.

Gisella Leone

Incontro del 16 febbraio

Alle ore 18.45 con la recita comunitaria dei Vespri si è dato inizio all’incontro settimanale di fraternità.
L’ incontro è tenuto dal Padre Assistente (Padre Ivano Scalise) , il quale attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica e alla luce della Regole del Terz’ordine dei Minimi, ci offre una breve riflessione sul Sacramento della Riconciliazione.
Iniziamo col chiarire che, il significato di Sacramento è: “Presenza di Gesù Cristo”; nello stesso, pertanto, incontriamo il Messia. E’ importante, inoltre, guardare in questa direzione sotto l’ottica della conversione.
Per meglio capire il cammino di conversione che porta al Sacramento della Riconciliazione dobbiamo partire dal Battesimo con il quale siamo stati lavati, purificati, liberati dal peccato originale. La conversione non è altro che il prolungamento della grazia del Battesimo.
Immaginiamo la creazione del mondo e il Paradiso Terrestre come se fosse un cerchio all’interno del quale l’uomo vive felice fino a quando non compare il peccato che provoca l’allontanamento dell’uomo da questo cerchio, per posizionarlo alle porte del Paradiso. Dio, pur di non abbandonare l’uomo, esce dal Paradiso e dona la sua Grazia, il suo amore gratuito. Egli non si stanca mai dell’umanità nemmeno quando essa si allontana da Lui e in ogni nuova vita che nasce, vede la possibilità che l’uomo possa vivere sotto la Sua ottica ; Riconciliazione è, quindi, per l’uomo cercare la strada giusta per rientrare in Paradiso.
Quando andiamo a confessarci compiamo un atto liturgico, bisogna perciò che ci prepariamo bene facendo un buon esame di coscienza, ma soprattutto dobbiamo riconoscere che nel Sacramento della Confessione incontriamo la Grazia di Dio che è presente per mezzo di Gesù Cristo e che viene a ristabilire ciò che l’uomo distrugge.
Il Sacramento della Riconciliazione, se fatto sotto l’azione dello Spirito Santo, porta pace, sollievo e serenità, sia a livello spirituale che corporale.
Termina l’incontro con la preghiera comunitaria.

Maria Piera Liparota