incontri di formazione 19 maggio, 9 e 10 giugno 2014
VERBALE DEGLI INCONTRI DI FRATERNITA’ del 19 maggio, 9 e 10 giugno 2014
In preparazione della giornata di fraternità del 14 giugno c.a., come da suggerimento del consiglio provinciale, abbiamo cercato di riflettere sul materiale propostoci.
“LA FRATERNITA’ VIVAIO DI RELAZIONI”
“NON GIUDICARE GLI ALTRI MA SE STESSI”
Abbiamo trovato interessante e molto complessa la tematica, ma il tempo disponibile esiguo, perché a nostro parere questo cambiamento di stile necessita di tempo e di esercizio continuo prima a livello personale e poi comunitario.
Il Padre Assistente dopo la spiegazione dei brani biblici proposti, ha moderato la discussione.
Ci siamo riproposti con il nuovo anno sociale di approfondire l’argomento, perché veramente utile, se davvero vogliamo dare una svolta ai nostri modi di agire, per essere degni figli del Santo della Carità, ed essere incisivi negli ambienti in cui viviamo.
Non sono il potere, la carriera, il prestigio, gli applausi, la popolarità, il fare per apparire che vuole Gesù e il nostro Padre Fondatore,da quanti abbiamo scelto questo cammino minimo, ma l’umiltà non ostentata, la fedeltà alla Parola, la purezza di cuore, il servizio generoso a Dio e ai fratelli e alla fine poter dire: Sono servo inutile.
La simulazione dell’esercizio effettuato tra un confratello e una consorella è da ritenersi soddisfacente, è emerso che all’origine del “conflitto”c’è la mancanza di dialogo, d’informazione, di confronto e di carità.
Per reagire al malessere comunitario, d’altra parte, abbiamo delle buone risorse. Ne segnaliamo alcune: un forte senso di famiglia , alimentato dalla condivisa paternità (“siamo figli di un santo”), dal carisma di fondazione, dal senso di appartenenza; il costume di rapporti più partecipativi nelle comunità, una diffusa nostalgia per la vita fraterna, fondata su semplicità e autenticità di rapporti. “Malgrado tanti limiti, a livello affettivo e ideale riusciamo ancora a vivere quello spirito di famiglia che a volte pare essere compromesso a livello pratico”
Dobbiamo proprio metterci di buona volontà e fare scelte strutturali e personali per far crescere la comunità che ci fa crescere .
Sul piano umano siamo chiamati a un senso adulto delle responsabilità. Questo atteggiamento presuppone uno spirito di collaborazione e di iniziativa e un dialogo effettivo . Bisognerà inoltre sostenersi vicendevolmente, condividere, prendersi cura gli uni degli altri. Essi vivono veramente la loro umanità quando esercitano le qualità umane quali il rispetto degli altri, la generosità, l’empatia. Sono capaci di accogliere l’altro nella sua libertà e nella sua diversità.
Questi atteggiamenti di relazione devono concretarsi e strutturarsi per diventare una carità vissuta comunitariamente
La carità non è qualcosa di automatico, di spontaneo. Non è come un certo amore umano che è spesso cieco. Essa è frutto di conquista e di ascesi.
Parlando di carità si possono usare termini diversi, quali amicizia, fratellanza, amore, empatia, intimità ecc. I termini e le espressioni possono assumere significati diversi, talvolta anche ambigui e perfino opposti secondo le culture, le persone e i tempi. Anche in questo si può diventare vittime di fraintendimento e illusione la carità deve essere incarnata, intendo che deve essere concreta e integrale. Coinvolge l’intelletto e lo spirito, il cuore e i sentimenti, l’interno e l’esterno. Deve essere affettiva e fattiva, sensibile e servizievole. Esige il rispetto e l’apprezzamento vicendevole, l’aiuto reciproco nella crescita personale e nella fedeltà vocazionale, la condivisione della propria vita anche interiore. Diventa comunione e interdipendenza che non si limitano a settori particolari, ma tendenzialmente si aprono a tutte le dimensioni della vita, soprattutto a quelle più importanti quali, la vita di fede e di preghiera, il cammino personale e le esigenze umane.
Non c’è infatti comunità ideale , per caratteri o esperienze diverse, per disattenzioni o sgarbi, per fatti o avvenimenti, per divergenze di opinione o di azione, per cultura o educazione diverse possono nascere in noi e nei confratelli atteggiamenti e reazioni di incomprensione, di antipatia, perfino di inimicizia e di rottura.
Di fronte alle difficoltà e alle incomprensioni che sorgono tra confratelli la soluzione non sta nell’ignorare le situazioni e rinchiudersi in se stessi; non sta neppure nel prendere i propri bagagli, sbattere la porta e andarsene. In questa vita restiamo pellegrini e peccatori. L’importante è non fermarci, disillusi di noi stessi, degli altri . C’è una sola soluzione: perdonarci e riprendere il cammino dei discepoli di Gesù. La via evangelica sta nella riconciliazione, nell’incominciare di nuovo ad amarsi come fratelli. In queste circostanze vale anche per noi ciò che Gesù diceva: “Se voi amate soltanto quelli che vi amano, che merito avete? Siate dunque perfetti così come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” Allora si gusterà ancora di più “come è bello e come è gioioso abitare insieme da fratelli.
Del resto il portare i pesi degli altri , il dare la vita , il perdonarsi a vicenda , l’aiutarsi a crescere e a superare i nostri difetti fa parte essenziale della carità fraterna. La comunità è vera quando ci si aiuta con il perdono e la correzione fraterna.
Una fraternità dove regna la carità è segno della vita nuova portata da Cristo. Tale vita è possibile perché è vissuta da persone normali, riunite non dalla carne e dal sangue, da affinità psicologiche o ideologiche, ma dalla fede e dall’amore di Cristo. Questo diventa segno del mondo instaurato da Cristo in un mondo egoista e diviso. È maggiormente segno se vissuta con perseveranza nel mutare delle circostanze e non sotto la spinta di una generosità passeggera.
La carità comunitaria diventa motivo di credibilità , che invita alla riconciliazione, al superamento dell’egoismo, alla solidarietà e alla giustizia. Suscita normalmente conversioni e vocazioni, perché permette al Signore di operare in noi e attraverso di noi.
Per poter attuare tutto ciò ognuno di noi deve partire da se stesso.
Il buon senso e una genuina disponibilità alla crescita personale sono spesso elementi sufficienti per iniziare una Riconciliazione con se Stessi.
Riconciliarsi con se stessi significa sostanzialmente pervenire ad uno stato interiore di consapevolezza di se stessi e delle forze da cui si è governati, la cui conseguenza più immediata è la scoperta di un più elevato senso di Sé e del proprio Scopo. Riconciliare, ovvero armonizzare le forze che ci caratterizzano, consente la liberazione di energie creative di cui solitamente non si supponeva l’esistenza. Tutto questo richiede però un atto di coraggio, il coraggio di mettere in discussione se stessi e le “certezze” (vere o presunte) su cui si è costruito il fondamento della propria Personalità. L’intera struttura della personalità è costruita in conformità con il nostro bisogno (tra gli altri) di esperire un adeguato livello di autostima, ed è dunque fondamentale saper accettare di rischiare di rimettere tutto in discussione e di viverne la conseguente momentanea frustrazione, in vista di un più elevato conseguimento futuro.
Quando gli attriti con l’ambiente esterno e con le persone sono tali da alterare il vissuto quotidiano e da stabilizzare un vissuto di sofferenza, è probabile che un sano processo di riconciliazione interiore potrebbe apportare un significativo benessere psicologico. Per quanto possa sembrare banale, questa può essere considerata una potente tecnica di cambiamento psicologico, che conduce allo sviluppo di nuovi orizzonti e di una maggiore consapevolezza.
Una modalità efficace per operare un ottimale processo di riconciliazione in noi stessi è quella di apprendere il “distacco”. Il distacco non è una via di fuga dalla situazione, ma una terapeutica presa di distanza finalizzata all’osservazione della realtà da un punto di vista più ampio. Distacco significa anche (e soprattutto) capacità di andare oltre ad un eccessivo coinvolgimento emotivo nella situazione, al fine di essere in grado di valutare tutto alla luce del buon senso e di una più equilibrata razionalità. Distacco è in sostanza “disidentificazione” da ciò che ha il potere di condizionare i nostri pensieri, emozioni e comportamenti.
Sicuramente la strategia efficace per il raggiungimento di questi obiettivi dev’essere la preghiera e la Parola spezzata quotidianamente in modo cosciente e consapevole, incarnandoLa in ogni contesto.
Fraternità T.O.M. Sambiase