Incontro formativo 15-04-2013

Dopo la recita dei Vespri la delegata alla formazione ha trattato la tematica:

“L’UNITA’ PROFONDA TRA L’ATTO CON CUI SI CREDE ED I CONTENUTI A CUI DIAMO IL NOSTRO ASSENSO : “LA CREDIBILITA’ DELLA NOSTRA FEDE”

Con questa tematica si vuole ancora ribadire come il nostro essere cristiani autentici, richieda sempre una simbiosi tra i contenuti della nostra fede e il nostro agire; è proprio da questo legame, che si evince la nostra credibilità e trova senso la nostra stessa missione di laici : Evangelizzare il mondo. Nel nostro essere cristiani, tendiamo a dare sempre le cose per scontate……… ma, riflettiamo: Siamo veramente credibili nel nostro quotidiano, tali da evangelizzare gli altri? E se lo siamo, in che misura siamo credibili? Lo siamo in ogni situazione? O, in alcuni contesti, mostriamo poca fermezza? E ancora, come possiamo misurare la nostra credibilità e a cosa ci rapportiamo? Il vangelo dell’ultima domenica ci aiuta in tal senso: Giovanni: 21,1-19 (L’apparizione di Gesù sul lago di Tiberiade). In tale brano (Quarta manifestazione di Gesù ai suoi dopo la sua Resurrezione), si narra che alcuni discepoli, tra cui Simon Pietro, Tommaso detto didimo, Natanaele di Cana di Galilea e altri, si recano con la barca a pescare, ma nonostante i loro sforzi, la pesca per tutta la notte è infruttuosa. Giunge quindi Gesù sulla riva del lago e chiede ai suoi discepoli ancora in mare, se abbiano per caso da mangiare; al loro dissentire, Gesù, non ancora dagli stessi riconosciuto, consiglia loro di rigettare le reti in mare, ma dal lato destro della barca. E’ così che le reti, si riempiono immediatamente di pesci, tanto che a stenti vengono riportate a riva; ed è proprio in tale contesto che gli apostoli riconoscono Gesù, correndogli quindi incontro, primo fra tutti Pietro. Dopo aver consumato con loro il pranzo, Gesù chiede per ben tre volte a Simon Pietro: <<Pietro, mi ami?>> E ad ogni suo assenso, Gesù risponde: <<Pasci le mie pecore>>. Dopo la terza conferma fatta da un Pietro un po’ rattristato (era già la terza volta), Gesù gli anticipa la morte cruenta che lo avrebbe atteso in tarda età, e poi sopraggiunge : <<Seguimi>>. Questo bellissimo brano Evangelico, racchiude tutta l’identità del cristiano e del cristiano laico in particolare; infatti, riportandolo nella nostra vita, esso ci fa capire che se l’uomo getta le reti (ossia vive la propria vita), solo secondo i suoi convincimenti, ponendo al centro se stesso e non Dio, la sua vita sarà infruttuosa, nel pieno smarrimento; la salvezza per sé e per gli altri (nel brano: rete traboccante di pesci), viene conseguita solo se l’uomo getta le reti, ossia fonda il proprio agire, sui precetti di Cristo. Cristo è: VIA VERITA’ E VITA E Cristo è AMORE. Nello stesso brano, la domanda di Gesù a Pietro: <<Pietro, mi ami ? E se mi ami, pasci i miei agnelli>>, è diretta incessantemente ad ognuno di noi, e vuole farci capire che, il professarci cristiani, quindi seguaci ed amanti di Cristo, non si può scindere dalla cura materiale e spirituale, che ognuno di noi deve riservare al fratello che incontra sul suo cammino. Tale brano, ci ricollega al I capitolo della nostra Regola: “Essere servi fedeli di Dio e riporre solo in Lui il proprio cuore”, in modo da essere veramente liberi per amare e servire gli altri; si ricollega anche al IV capitolo della Regola: “Essere nel mondo, ma non essere del mondo”, ossia rifuggire l’ossessione del materialismo, le regole individualistiche, alla ricerca di una vita dignitosa, sobria, ma onesta, perché improntata alla condivisione e al benessere comune, nel pieno rispetto dell’incolumità dell’altro. E ancora, si ricollega al V capitolo della stessa Regola: “Tutti voi , secondo le vostre possibilità,compirete le pie opere di misericordia a favore dei poveri, degli orfani, delle vedove e degli invalidi”. Un richiamo quindi, ad aprire il cuore, a prestare attenzione, come diceva già Papa Benedetto XVI, ai bisogni del proprio fratello in stato di fragilità, evitando l’anestesia spirituale che purtroppo la frenesia del mondo d’oggi, ci induce a vivere. Anche il Papa odierno, Papa Francesco, rivoluzionario nel suo Pontificato, amante di una Chiesa “Povera e per i poveri” , ribadisce, vivendolo in prima persona, la necessità di ricercare la sobrietà, l’essenzialità, badando soprattutto a trasmettere al prossimo, soprattutto ai fragili, l’amore di Cristo, anche con gesti semplici di affetto, quali un sorriso, un abbraccio, una carezza. Il Pastore, come dice Egli stesso, deve stare a contatto con le sue pecore, deve sentirne l’odore (ossia condividerne lo stato di vita), per poterle guidare e non perderle nel cammino della vita.

GISELLA LEONE

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