INCONTRO FORMATIVO 31 MARZO 2014
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L’incontro odierno si è svolto in chiesa, presieduto dal P Assistente e animato da P.Ivano Scalise
Relatore P Vincenzo Arzente
Sintesi incontro precedente
DIMENSIONSIONE INTELLETTIVA PER LA CONOSCENZA DI DIO
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza “Dante Alighieri.
Nel cantico XXVI Dante dice che la conoscenza è la consapevolezza e la comprensione di fatti ottenuti con l’introspezione o con l’esperienza sensoriale. Tutti gli animali hanno un’intelligenza istintiva, mentre l’uomo ha un’intelligenza razionale, perché creato ad immagine di Dio.
Esempio dei topolini, che avendo scoperto delle cassette con una porticina, girando avevano capito che passando dalla porta avrebbero trovato cibo. Quando fu messo un filo di corrente elettrica per impedirne il passaggio, i topolini dopo alcuni tentativi capirono l’ostacolo e lo evitarono.
L’esperienza ha fatto capire loro come comportarsi. Alcuni comportamenti sono conseguenziali all’esperienza diretta, perché l’uomo è un agente pensante. L’informazione è uno statuto di notizie, es. il giornale che è fruibile da tutti
LA CONOSCENZA
La conoscenza è la consapevolezza, la comprensione di fatti, verità, informazioni ottenuti attraverso l’esperienza o l’apprendimento (a posteriori), ovvero tramite l’introspezione (a priori).
La conoscenza, è autoconoscenza d’informazioni connesse tra di loro, le quali prese singolarmente, hanno un valore e un’utilità inferiore.
Differenza tra conoscenza e informazione:
· Informazione: elemento esterno all’uomo, può essere contenuta in un qualsiasi contenitore, libro, giornale, mezzo informatico, quindi fruibile a chiunque.
· Conoscenza esiste solo quando c’è una mente in grado di possederla.
In filosofia, la conoscenza è studiata come:
ü Epistemologia: metodi di conoscenza
ü Gnoseologia: natura stessa dei singoli atti conoscitivi o delle semplici informazioni non ancora elaborati.
LA CONOSCENZA RELIGIOSA
Nella conoscenza religiosa, prima ancora che uno sforzo della mente umana per comprendere qualcosa è elaborata l’iniziativa di Dio; prima di conoscere Lui, siamo da Lui conosciuti.
Ogni qualvolta Dio conosce qualcuno o qualcosa, la chiama per nome, ed essa viene all’esistenza (papati, creazione, luce, tenebre).
A coloro che Egli così conosce, rivela Se stesso e fa conoscere il Suo nome, lo inonda del Suo amore e si prende cura di loro liberandoli dai nemici.
La risposta dell’uomo non è secondo lo stesso agire di Dio, da qui la chiamata alla conversione per accogliere come criterio di vita, la conoscenza di Dio che è sapienza per l’uomo, attraverso la sua conoscenza e della sua volontà.
CONOSCENZA IN GESU’ CRISTO
In Cristo è data la perfetta conoscenza di Dio, poiché Egli si dimostra come il rivelatore del Padre e l’unico capace di spiegare il mistero del Suo Regno. In Lui Dio si fa vicino e diventa imperativo etico dell’uomo, convertendosi alla Buona Novella, di accogliere conoscendo Cristo l’ora della salvezza. Solo con Cristo, l’uomo è capace di accogliere la verità del suo stesso esistere, perché creatura, divenuta “CAPACE DI DIO”.
LA CONOSCENZA DI CRISTO
Differenza tra conoscenza di Cristo: che Cristo ha di SE’; e che IO ho di Lui.
1. Il concilio di Nicea e di Costantinopoli, afferma che Cristo può essere conosciuto, dai cristiani, solo attraverso lo Spirito Santo, che li illumina per Cristo.
2. S Agostino (Serm.169): è solo attraverso la Resurrezione che il cristiano acquisisce una piena conoscenza di Cristo, in quanto, la resurrezione oltre ad avere effetti per la vita futura ha il valore di redenzione nell’oggi.
3. Tommaso d’Aquino: afferma che solo tutto ciò che Cristo è e fa, può essere compreso solo attraverso e mediante l’opera dello Spirito Santo.
4. Lutero e Melantone: la perfetta conoscenza di Cristo, mediante la Scrittura è l’unico mezzo di salvezza e non altri tipi di sforzi ascetici.
5. Giovanni Calvino: affermava che Cristo può essere conosciuto solo se si comprende lo scopo della Sua Missione salvifica, ossia perché fu inviato. Per Calvino occorre comprendere perché il Cristo è Redentore e redime e salva il mondo.
6. Ignazio di Loyola e Teresa d’Ávila: propongono al fine di una corretta conoscenza di Cristo, forme specifiche di esercizi spirituali, costituiti da trenta giorni di meditazione, contemplazione e d’immagini mentali, che hanno lo scopo di conoscere più intimamente il Cristo e di amarlo più profondamente. Teresa D’Ávila propone una conoscenza di Cristo usando la preghiera mentale.
7. Nell’impero bizantino si diffonde la tradizione dell’esicasmo, che significa calma, tranquillità, pace, praticata dai Padri del Deserto, come via per conoscere intimamente Cristo ed essere da Lui conosciuti.
8. Nella dottrina contemporanea, nella lettera Orationis formas, si afferma che la Meditazione Cristiana è un mezzo privilegiato per la conoscenza di Cristo. Tuttavia s’invitano i cristiani a rifuggire da mode meditative, prive di qualsiasi legame con Cristo, quali filosofie indiane e teorie buddiste.
9. Testo fondamentale che fa la sintesi di tutta la trattazione cristiana circa la conoscenza di Cristo, è un libro Ursvon Balthasar dal titolo: Gesù ci conosce, noi conosciamo Gesù?
LA CONOSCENZA DI CRISTO IN SAN PAOLO
a) L’uomo era capace di conoscere Dio sin dal momento della creazione, ma si è ribellato a Dio e ha scelto la via dell’idolatria, divenuto incapace d’innalzarsi da solo alla conoscenza di Dio, non può fare altro che affidarsi alla “Stoltezza della Predicazione”, per poter essere reso di nuovo capace di Dio.
b) La nuova sapienza per conoscere Dio ed entrare in comunione con Lui, è Cristo morto e risorto per la stoltezza della Croce, fallimento per l’uomo ma manifestazione di una sapienza che viene dall’Alto.
c) La fede in Cristo e il Battesimo forniscono al cristiano, un nuovo accesso a una sapienza che non è più umana, bensì partecipazione vitale e concreta alla vita di Dio in Gesù Cristo.
d) Per Paolo, solo questo dinamismo, purifica l’intelligenza e la rinnova al punto da rendere capace il cristiano di comprendere la volontà di Dio, ciò che Egli è, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto.
e) La conoscenza per Paolo non è un’azione della ragione orgogliosa di se stessa, ma ha come fine la carità, ossia la perfetta unione con la vita di Cristo.
La conoscenza di Cristo, unione per mezzo dello Spirito; è lo Spirito che fa entrare il Cristiano in un dinamismo nel quale chi conosce è conosciuto.
Conoscere, per Paolo, non indica, quindi, un’azione della mente, ma l’ingresso in una relazione vitale con Cristo in Dio, si tratta di una conoscenza vitale prima che intellettuale. Maggiore conoscenza di Lui-comunione, conoscere la volontà di Dio-salvezza.
Tale conoscenza per Paolo avviene nella preghiera, diventando essa stessa occasione di grazia e motivo di salvezza.
IMPLICAZIONI PRATICHE
Urgenza della conoscenza delle cose di Cristo. Quanto più si conosce, tan to più si ama: rivalorizzare i mezzi della Parola, della catechesi, della preghiera e della meditazione, presupposti per una maggiore conoscenza di Cristo.
Conoscenza di Cristo-conoscenza dell’uomo. La pratica della solidarietà, avrà senso solo se nasce e ritorna da una perfetta conoscenza di Cristo, del suo mistero di redenzione nel quale come Cristiani siamo inseriti.
INSEGNAMENTI DI SAN FRANCESCO
TESTIMONIANZA DI CANDIDA MAIONE
C’è un momento nella lettera di San Paolo agli Efesini, quella che ci ha proposto Padre Vincenzo stasera, che ci introduce nella ricchezza della fede, fondamentale per una comunità che cresce e che rende testimonianza. Egli, infatti, dice: “Vi ricordo nelle mie preghiere” perché il Signore “vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui”. La fede è il fondamento che penetra nel mistero del Padre e quindi nella pienezza del Figlio. La preghiera “illumini gli occhi del vostro cuore” (v 18) perché i credenti siano orientati alla speranza. E la speranza suppone sempre un cammino. La chiamata del Signore, infatti, è sempre un iniziare uscendo da qualche luogo, da qualche male, da qualche chiusura: uscire dall’Egitto, dalla paura, dalla solitudine, dall’angoscia, dal vuoto, dal paganesimo, da ciò che blocca senza futuro di gloria e di gioia. Il testo fa certamente riferimento alla luce del cuore. E’ lo Spirito Santo che mette nel cuore di ognuno un’inquietudine, una tensione a una sempre maggiore ricerca di Dio. E il cuore, nella Scrittura, è la sede della morale, della fedeltà, delle scelte, dell’amore, dello Spirito, di Gesù che vi dimora. Si ama solo ciò che si conosce, e Cristo possiamo amarlo soltanto se lo conosciamo. Ignoranza delle scritture, ignoranza di Dio diceva San Girolamo La parola “conoscenza” e quindi l’amore si rincorrono. Conoscere significa aprirsi totalmente all’azione misteriosa del Padre. Nel frattempo dobbiamo riprendere a ricercare la conoscenza di Dio, rivedere il nostro modo di pregare, le richieste e i silenzi, le attese e le intercessioni. Ma anche questa presenza nella nostra vita ci deve chiamare all’agire, al concretizzare nella nostra azione questa “conoscenza”. Sull’amore del Padre e quindi di Gesù che si pone a modello di comunione, è necessario riflettere lungamente perché diamo per ovvia la fede (ma con quali contenuti?) e decliniamo come amore semplicemente la fatica del nostro quotidiano. Ma l’amore richiede molta lucidità, analisi, umiltà e tentativi del superamento di ciò che ci sembra ovvio o naturale. L’amore è difficile, così come lo presenta Gesù e tuttavia è un progetto che, come credenti, il Signore ci affida. E se “Il Signore ha fatto tante cose belle per me perché non posso io fare qualcosa per lui.” Nasce così l’esigenza di annunciare Cristo, non un Cristo lontano, rinchiuso nel buio delle sacrestie ma una figura affascinante: Cristo come il più grande poeta della storia che canta l’amore per l’universo e le creature, Cristo come il più grande rivoluzionario, l’ecologista, il volontario (che si fa samaritano), ma anche il padre misericordioso e accogliente. Quest’urgenza dovremmo sentirla tutti, se non altro perché siamo battezzati e come tali chiamati a essere sacerdoti, re e profeti… e ciò che fa male spesso è osservare il continuo “essere tiepidi” dei sacerdoti e di quanti appartengono alle comunità. Scusatemi se ora mi permetto di lanciare qualche provocazione, tanto, come Padre Vincenzo ha scritto sulla diapositiva, questo è solo il mio parere. Io credo che molto spesso il fedele si aspetti una presa di posizione da parte dei sacerdoti, cioè noi non vogliamo che il sacerdote faccia solo da tramite per approfondire la conoscenza di Cristo, noi vogliamo e soprattutto ci aspettiamo che il sacerdote faccia esempi concreti, e soprattutto ci aspettiamo che testimoni lui stesso così come sta facendo oggi Papa Francesco. Qual è, infatti, la peculiarità di questo Papa se non quello di testimoniare con la sua stessa vita ciò che predica. In fondo quello che dice l’hanno detto anche gli altri papi prima di lui. Ma lui cattura di più perché alle sue parole fa seguire le sue azioni. Quindi cosa penso io? Penso che conoscere Cristo non significa conoscere solamente le Sacre Scritture, penso che a questa conoscenza dobbiamo far seguire delle azioni per vivere concretamente la sua Parola. Purtroppo spesso accade che sentiamo la mancanza di un indirizzo, di una guida su come poter passare dall’azione ai fatti. E con questo non voglio assolutamente mettere sul banco degli imputati tutti i sacerdoti. Lungi da me. Ritengo, infatti, che prima di tutto dobbiamo guardare dentro noi stessi e chiederci, facendo un accurato esame di coscienza, cosa facciamo per incarnare nella nostra vita gli insegnamenti del Vangelo. E allora, se riusciamo in questo intento, dovremmo smetterla di giudicare la Chiesa per ogni passo falso che compie. La Chiesa è fatta di uomini e gli uomini sono peccatori. Se la Chiesa sbaglia ciò, non deve intaccare la nostra fede, non dobbiamo usare gli errori della chiesa come capro espiatorio per giustificare magari la nostra distanza dalla chiesa, dai sacramenti. Gli errori della Chiesa non devono mettere in discussione la nostra fede, il nostro percorso cristiano e interiore. Né dobbiamo focalizzarci solo ed esclusivamente sui preti pedofili o sui preti che intascano quattrini. Si certo, ce ne sono tanti e se lo fanno sbagliano, tradendo Cristo e la loro vocazione. Ma dovremmo smetterla di additarli in continuazione. Attenzione. Non li sto difendendo, anzi. Ritengo però che sia quasi tempo perso dedicare la nostra attenzione a queste vicende, magari facendoci scoraggiare da esse, quando invece potremmo dedicare le nostre attenzioni a quei sacerdoti che veramente incarnano Cristo nel loro quotidiano, Recentemente in tv hanno trasmesso il film sulla storia di Don Peppino Diana. Voi tutti sapete chi è, conoscete la sua storia. Aveva solo 36 anni quando è stato ucciso dalla camorra. Lui che faceva? Si esponeva contro la camorra, alzava la voce, toglieva dalla strada quei ragazzi che era destinati a un futuro pericoloso. E a quanti si complimentavano con lui don Peppino quasi si meravigliava e rispondeva semplicemente: “Io faccio solo il prete”. Io faccio solo il prete. Ecco. Questo dovrebbero fare tutti i sacerdoti: soltanto questo. Guardando il film ho fatto alcune riflessioni, riflessioni che mi hanno portato a pensare che se ci fossero tanti come don Peppino la Chiesa funzionerebbe meglio ed anche il mondo, forse, andrebbe in un altro modo. Ho pensato alla mia, alla nostra città, Lamezia: un territorio difficile, dove la criminalità e il malaffare sono diffusi. Mi sono detta: se qui a Lamezia ci fossero tanti sacerdoti così, forse la gente avrebbe più fiducia in se stessa, si abituerebbe di più al bello, anziché inseguire le bruttezze. Abituandoci alla bellezza, forse, avremmo di più la forza e la convinzione di denunciare, ribellarci, non cedere ai compromessi e quant‘altro. Di non seguire quel luogo comune del “così fa n tutti perché non posso farlo pure io?” Abituandoci alla bellezza forse riusciremo ad abbandonare quella tiepidezza che spesso ci caratterizza e che magari ci fa fare le scelte politiche sbagliate quando andiamo a esprimere il voto, ci fa stare zitti davanti alle ingiustizie, non ci fa difendere i principi cristiani per paura di essere giudicati male. Spesso il cristiano, quando cerca di difendere un principio, viene definito bigotto, e accade allora che viviamo il nostro essere cristiani soltanto per noi stessi, dimenticandoci del nostro dovere della TESTIMONIANZA. E allora: se i preti devono fare i preti noi cristiani dobbiamo fare i cristiani Insomma, ognuno di noi ha un ruolo: i sacerdoti il loro e noi il nostro. Non si può prescindere da questo legame, perché i sacerdoti da soli non possono operare e noi da soli neanche. Dobbiamo perseguire un obiettivo comune che è quello di fare comunità (tema sul quale Padre Vincenzo si è ampiamente espresso in uno di questi incontri di catechesi). Tornando da dove abbiamo iniziato, e cioè a San Paolo, e al suo augurio “il Signore vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui” vi auguro e mi auguro che l’inquietudine per Cristo ci animi sempre, ci faccia sentire sempre un’urgenza nel cuore , quasi un “fastidio” nell’animo che ci spinga a cercare Cristo attraverso l’ascolto della Parola, la frequentazione dei Sacramenti ma anche ci dia la concretezza per essere veri testimoni per il bene delle nostre comunità e dei nostri fratelli.
Candida Maione
LA CONOSCENZA DELLA VERITA’ E’ URGENTE
SIGNORE AIUTACI A VIVERE COME TE PER RAGGIUNGERE LA CARITA’ PERFETTA.
L’INCONTRO SI E’ CONCLUSO CON LA PREGHIERA FINALE E LA BENEDIZIONE SOLENNE.
Gli appunti non sono stati rivisti dall’autore.
Tina Di Cello